Quest'opera può essere avvicinata per taglio compositivo ai più illustri modelli bronzineschi, sebbene la resa e l'ingenuità di alcune soluzioni lascino pensare a una copia da un ritratto più antico. L'uomo, identificabile con un magistrato per la presenza della toga, tiene in mano una lettera sulla quale si leggono alcune parole di difficile interpretazione.
Salvator Rosa (cm 117 x 96,5 x 7)
Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario 1833, p. 28). Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di quest’opera è tuttora sconosciuta. Si ha notizia della sua presenza in collezione Borghese a partire dal 1833, quando è identificabile negli elenchi fidecommissari in una tavola attribuita al Bronzino, nome scartato da Giovanni Morelli che nel 1890 si espresse in favore del pittore toscano Jacopo Carucci detto il Pontormo, seguito poco dopo da Venturi (1893).
Nel 1916 Frederick Mortimer Clapp, pur riconoscendo lo stato di degrado e le ridipinture che avevano alterato significativamente l'opera originale, intravide in essa la mano del Pontormo, situando il ritratto tra il 1538 e il 1543.
Nel 1959 Paola Della Pergola pubblicò il dipinto come opera di un «Maestro toscano» della prima metà del XVI secolo, ispirandosi in parte alle considerazioni di Roberto Longhi, che nel 1928, soffermandosi sulla qualità della fattura, aveva ipotizzato che la tavola fosse «un’imitazione di un migliore e più antico ritratto, eseguito, per commissione, più tardi, come si soleva in Firenze ai tempi di Cristofano dell’Altissimo», quest'ultimo noto per aver copiato un gran numero di ritratti presenti nella raccolta di Paolo Giovio. Tale proposta, resta al momento il suggerimento più valido nel trovare una soluzione al problema attributivo. Nel 1994, a tal proposito, Costamagna ha parlato di «scuola fiorentina».
Per quanto concerne l'identità dell'effigiato, la presenza della toga suggerisce che si tratti di un magistrato. Secondo Venturi (1893) e Jahn Rusconi (1906), il ritratto non fu realizzato dal vivo, ma sulla base di una maschera mortuaria o di disegni di seconda mano. Clapp (1916, p. 154), invece, ha sottolineato il particolare morelliano delle mani, simili a quelle di un altro ritratto da lui attribuito al Pontormo (Ritratto di gentiluomo fiorentino, Genova, Musei di Strada Nuova, inv. PB262), ma in seguito assegnato a Jacopino del Conte, Carlo Portelli e a Giorgio Vasari.