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Ritratto di Ludovico X, duca di Baviera

Bottega di Beham Barthel

(Norimberga 1502 - Bologna 1540)

Il dipinto, in passato ritenuto parte dalla ricca collezione Aldobrandini, raffigura Ludovico X duca di Baviera, qui ritratto a mezzobusto con una lunga barba e un ricercato copricapo, il cui nome - insieme alla sua età - appare in alto al centro del ritratto. L'opera, una replica di bottega, deriva probabilmente da un esemplare prodotto intorno agli anni Trenta del Cinquecento nell'atelier di Barthel Beham, pittore e incisore tedesco, specializzato nella produzione di ritratti e di incisioni su piccola scala.


Scheda tecnica

Inventario
250
Posizione
Datazione
1532
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 45 x 33
Cornice

Cornice seicentesca dipinta di nero con grottesche floreali cm 62,5 x 55 x 6

Provenienza

(?) Roma, collezione Olimpia Aldobrandini, 1700 (Inv. 1700, St. IX, n. 28; Della Pergola 1959); Inventario Fidecommissario 1833 (p. 37, St. verso il Giardino, n. 50); Acquisto dello Stato, 1902.

Iscrizioni

In alto al centro: "DEI GRACIA LUDOVICUS UTRIUSQUE/BAVARIAE DUX AETATIS SUAE XXXVII"

Conservazione e Diagnostica
  • 1903 Luigi Barolucci (disinfestazione dai tarli);
  • 1937 Carlo Matteucci (consolidamento della tavola, riparazione di zone tarlate, pulitura generale);
  • 1950 Augusto Cecconi Principi (pulitura);
  • 1983 Gianluigi Colalucci (disinfestazione, rimozione delle traverse del supporto, risanamento del legno e applicazioni di tre traverse scorrevoli, saldatura dei sollevamenti di colore, asportazione della vernice, stuccatura delle lacune, reintegrazioni pittoriche e verniciatura).

Scheda

La provenienza di questa tavola rimane ignota. L'ipotesi, infatti, di riconoscerla con uno dei dipinti Aldobrandini descritti sommariamente nei relativi inventari come 'Opera di Dürer' si rivela alquanto debole (Della Pergola 1959), pista che in mancanza di ulteriori dettagli si rivela dunque difficile da percorrere.

Se si abbandona tale strada, la prima notizia certa sul dipinto risale al 1833, anno in cui l'estensore del Fidecommisso attribuisce il quadretto "largo palmi 1 1/2; alto palmi 2 in tavola" ad Albrecht Dürer, nome ripetuto da Giovanni Piancastelli (1891) ma debitamente scartato da Adolfo Venturi (1893) che ritiene la composizione una copia antica tratta da un originale perduto, eseguito nell'ambito della scuola tedesca.

Il primo a proporre il nome di Barthel Beham fu Herrman Voss (1908) avvicinando debitamente il ritratto a un'incisione raffigurante lo stesso soggetto al rovescio. Secondo lo studioso, infatti, la composizione Borghese sarebbe stato il prototipo da cui sarebbe tratta la stampa, segnalando al contempo presso la Galleria Lichtenstein una replica della tavola Borghese.

Di tutt'altro parere furono invece Paul Wescher (1936), secondo cui la versione Borghese deriverebbe da un ritratto di Ludovico X di Baviera eseguito nel 1543 e attribuito dallo studioso a Jörg Pencz; e Stephen Pogalyen-Neuwall (1940), il quale propose di assegnare il dipinto Lichtenstein e un'ulteriore composizione, firmata e datata '1530' (Schlessheim, Pinacoteca), al Beham e di contro il ritratto Borghese e un altro esemplare (Berchtesgaden, coll. privata) alla bottega del pittore.

Come affermato da Paola della Pergola, che pubblica il quadro come Bottega di Barthel (Della Pergola 1955; e così C. Stefani in Galleria Borghese 2000; Herrmann Fiore 2006), la fortuna di questi ritratti raffiguranti personaggi illustri fu così enorme da sollecitare la creazione di numerose repliche, uscite - com'è noto - dalle botteghe di grandi maestri. Ciò è quanto di fatto dovette accadere con la tavola in esame, probabilmente prodotta nella bottega di Beham sul finire degli anni Trenta quando il pittore, attivo alla corte di Ludovico X di Baviera, produsse numerosi ritratti con l'aiuto dei suoi collaboratori.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • A. Manazzale, Itinerario, I, Roma 1817, p. 298;
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 363;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 276;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 136;
  • J. A. Rusconi, La Villa, il Museo e la Galleria Borghese, Bergamo 1906, p. 88;
  • H. Voss, Einige Unbekannten Oberdeutschen Gemälde in Italienischen Galerien, in “Zeitschrift für bild. Kunst”, XIX, 1908, pp. 284-285;
  • G. Pauli, in U. Thieme, F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler von der Antike bis zu Gegenwart, III, 1909, p. 192;
  • P. Wescher, Zum Werk des Jörg Pencz, in "Pantheon", XVIII, 1936, p. 280;
  • A. De Rinaldis, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, p. 40;
  • L. von Baldass, Zur Bildniskunst der Dürerschule. II: Die Bildniskunst des Jörg Pencz und Bartel Beham,in “Pantheon”, XXV, 1940, p. 253;
  • S. Poglayen-Neuwall, Deutsche Bilder in römischen Galerien, in “Zeitschrift der Deutschen Vereinis f. Kunstwiss”, VII, 1940, pp. 249-254;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1951, p. 49;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 147, n. 204;
  • C. Stefani, in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 277;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 81, p. 84.