Il dipinto non è rintracciabile negli inventari borghesiani prima del 1790, quando compare descritto come 'Testa di Vecchio' di Scipione Pulzone, nome che di fatto escluderebbe una vecchia attribuzione al pittore tedesco Johann Stephan von Calcar.
Il personaggio raffigurato è stato riconosciuto con Giovanni Ricci (1498-1574), prelato senese nominato cardinale nel 1551, qui ritratto in abiti borghesi, con un tricorno nero e un robone col collo di pelliccia.
Salvator Rosa (cm 47,5 x 42 x 5)
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza IX, n. 49); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 37. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è ignota. Secondo Paola Della Pergola (1959), le sue prima tracce risalgono al 1790 circa, quando l’opera è elencata nella raccolta Borghese come «Una testa di Vecchio, Scipione Gaetano», ritratto che, però, nel 1833, fu descritto come quadrato, contrariamente alla tela in esame.
Un'ulteriore «testa di vecchio», di autore ignoto, è presente nell'inventario fidecommissario ottocentesco ma, anche in questo caso, sebbene la descrizione possa teoricamente corrispondere alla presente opera, le dimensioni indicate nel documento risultano errate. Da escludere, infine, anche il «quadro in tavola con Testa con barbalonga con berretta nera», che nel 1964 sempre Della Pergola connette dubitativamente alla testa in esame, in quanto il supporto, una tela anziché una tavola, non risulta corrispondente.
Incerta rimane anche l'identità dell'artista. Se nelle schede di Giovanni Piancastelli (1891) compare il nome di Scipone Pulzone, nel 1893 Adolfo Venturi parlò di scuola veneziana, affermando che il dipinto: «mostra il fare di un seguace di Tiziano ed ha molta forza di carattere; ma il colore ossidato non lascia gustarne la bellezza». Tale giudizio, ripreso successivamente da Roberto Longhi (1928), che definì la tela di «Mediocre e guasta pittura, d’intenzione tizianesca», fu in parte condiviso da Della Pergola (1959) che, basandosi su un parere espresso oralmente da Federico Zeri, attribuì il ritratto al pittore renano Jan Stephan van Calcar, formatosi in Italia alla scuola di Tiziano e morto a Napoli, dove conobbe Giorgio Vasari. Tuttavia anche questa ipotesi si è rivelata alquanto debole: nel 1992, infatti, Marta Ausserhofer ha giudicato il ritratto Borghese distante dal fare distaccato dell'artista, allontanandolo quindi dalla sua produzione.
Per quanto concerne l'identità del personaggio, a seguito di un confronto con il ritratto di Pulzone pubblicato nel 1957 da Zeri (Fogg Art Museum, inv, 1934.66) e recante un’iscrizione identificativa, Della Pergola ha avanzato l'ipotesi, seppur con qualche dubbio, che si tratti di Giovanni Ricci (1498-1574), prelato nato a Chiusi, proveniente da una famiglia di Montepulciano. Creato cardinale nel 1551, Ricci era noto anche per la sua vigna sul Pincio, ceduta alla sua morte al cardinale Ferdinando de’ Medici. Tuttavia, se tale identificazione fosse corretta, sorgerebbe una questione cronologica di non poco conto. Infatti, secondo l'analisi della studiosa, il quadro dovrebbe essere stato eseguito prima che l'uomo ricevesse la porpora cardinalizia, come indurrebbero a pensare sia l'assenza di vesti ecclesiastiche nel ritratto, sia la data della nomina al cardinalato di Ricci, successiva alla morte del pittore. Tale pista, però, confliggerebbe con la data presumibile dell'esecuzione del dipinto da parte del pittore, il quale, deceduto entro il 1550, non avrebbe potuto ritrarre un Ricci già anziano. Questa constatazione, unita a considerazioni di natura stilistica espresse nel 1992 dall'Ausserhofer, porta a escludere in modo definitivo tale ipotesi.