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Ritratto del Cardinale Marcello Cervini degli Spannocchi

Attribuito a Del Conte Jacopino

(Firenze 1510 - Roma 1598)

L'inventario del 1693 attribuisce la tavola a Raffaello. La sua paternità è stata tuttavia soggetta a numerose discussioni, relative anche all'identità del personaggio, definitivamente riconosciuto nel cardinale Marcello Cervini degli Spannocchi (1501-1555) eletto papa nel 1555 col nome di Marcello II e pontefice per soli 21 giorni. Il quadro, dipinto da un maestro toscano fortemente influenzato dalla ritrattistica di Raffaello, sembra opera di Jacopino del Conte, specialista di ritratti.


Scheda tecnica

Inventario
408
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 104 x 85
Provenienza

Collezione Borghese, citato nell’inv. 1693; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, A, n. 84. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1935 Parigi
  • 1940 Firenze, Mostra del Cinquecento toscano
  • 1950 Trento
  • 1956 Firenze, Palazzo Strozzi
  • 1993 Trento, Castello del Buonconsiglio
  • 1997 Vienna, Kunsthistorisches Museum
  • 2006-2007 Roma, Palazzo Braschi
  • 2009 Trento, Museo Diocesano Tridentino
  • 2018 Roma, Musei Capitolini
Conservazione e Diagnostica
  • 1907 Luigi Bartolucci (disinfestazione)
  • 1936 Carlo Matteucci
  • 1947 Carlo Matteucci
  • 1983 Laboratorio di restauro della Soprintendenza BAS di Roma
  • 1996-1997 Carlo Ceccotti (cornice)
  • 2007

Scheda

La tavola veniva attribuita a Raffaello nell’inventario del 1693 come un «quadro di 4 palmi con un ritratto di cardinale a sedere con un libro in mano che posa sopra un tavolino con cornice dorata in tavola di Raffaello d’Urbino» (inv. 1693, n. 24). Dopo oltre un secolo, nel 1838, Antonio Nibby ricorda il ritratto del porporato nella nona stanza del celebre Palazzo della famiglia Borghese in città, assegnandolo sempre alla mano di Raffaello come «il ritratto d’un cardinale, colorito a meraviglia dal Sanzio» (Nibby 1838, p. 602).

Il dipinto in realtà vive una difficile storia critica, ad iniziare dall’individuazione del personaggio ritratto. La prima svolta avvenne grazie ad Adolfo Venturi (1893, pp. 195-196) che ricondusse lo stemma inserito nella boiserie alle spalle del cardinale, caratterizzato da un fascio di spighe, alla famiglia degli Spannocchi, riconoscendo così nel personaggio il “nobilissimo gentiluomo” Marcello Cervini, futuro papa Marcello II, nato Cervini degli Spannocchi. Quest’ultimo, discendente da una nobile famiglia toscana di Montepulciano, salì al soglio pontificio nel 1555 (termine ante quem per la realizzazione del ritratto) ed ebbe uno dei pontificati più brevi della storia, durato solo 21 giorni. Marcello con la sua famiglia faceva parte dell’Accademia delle Virtù; lo stesso Vasari lo menziona nella seconda edizione delle Vite: “Ma dopo, essendo allora in Roma un’Accademia di nobilissimi gentiluomini e signori che attendevano alla lezione di Vitruvio, fra’ quali era messer Marcello Cervini, che fu papa…” (Vasari 1568, V, p. 571). Del resto il ritratto stesso indica l’anima umanista e bibliofila del cardinale, riflettendone il gusto e l’appartenenza a nobili ideali culturali.

Per quanto riguarda la questione attributiva, tra Otto e Novecento si succedettero diverse indicazioni, da Perin del Vaga (Cavalcaselle-Crowe 1864-1866) a Pontormo (Morelli 1890, Venturi 1893, Berenson 1928) fino a Francesco Salviati (De Rinaldis 1945) e Marcello Venusti (Russo 1990 e 1993).

Furono Hermann Voss (1953, p. 251) e Iris Cheney (1954, pp. 35-41) i primi a vedere nel ritratto qualcosa di quel «raffaellismo romano» di cui fu interprete Jacopino del Conte, mentre altri proponevano un più prudente riferimento a un artista toscano attivo di stanza a Roma e influenzato dalla ritrattistica raffaellesca (Longhi 1928, p. 352; Della Pergola 1959, pp. 35-36).

La Cheney in particolar modo riconosceva nelle «ciocche sciolte e pesanti dei capelli, il deciso naso adunco, la barba folta che quasi nasconde la fessura della bocca» i caratteri tipici della ritrattistica di Jacopino del Conte databile tra la fine degli anni ’30 e il principio degli anni ’40 del Cinquecento (Ead. 1970, p. 40). Del resto, la vicinanza stilistica con un altro ritratto eseguito dal pittore negli stessi anni, quello di Antonio da Sangallo, attribuito da Cheney e confermato dagli studi successivi (oggi conservato alla Pinacoteca di Brera), potrebbe indurre a credere che l’amicizia e la stima tra il cardinale e l’architetto, testimoniata da alcune lettere private, abbia favorito una mediazione tra il cardinale stesso e Jacopino (Corso 2014, p. 185; cfr. Niccolò 2004, pp. 54, 70-71).

L’attribuzione a Jacopino, nonostante lo scetticismo di Vannugli (1992) e la mancanza di documenti certi, venne sostenuta da Costamagna (1994, pp. 319-320), Lucantoni (2006, pp. 66-67) e Donati (2010, pp. 153-154), e ci sembra poter essere quella più convincente. Che il ritratto a cui si fa riferimento in una lettera di Paolo Giovio indirizzata al segretario di Marcello, Bernardino Maffei, e realizzato proprio da Jacopino del Conte, sia la tavola Borghese non se ne ha certezza (Giovio 1956-58, p. 348; cfr. Corso 2014, p. 184).

Il dipinto dunque, se compreso in quell’esiguo corpus di ritratti conosciuti della produzione del pittore fiorentino, dimostrerebbe una raggiunta maturità stilistica in un genere che era stato codificato da Sebastiano del Piombo in gara con Raffaello. L’opera infatti risulta piena di squisiti dettagli: dal libro che il cardinale tiene tra le mani alla finta architettura sullo sfondo, passando per la tonalità calda della veste, l’arabesco del tappeto (secondo M. Lupo un Ushak chiamato anche Lotto, 2009 pp. 250-251) fino alle fattezze del volto, caratterizzato da una folta barba e copiosi riccioli curati e, soprattutto, dalla profondità dello sguardo del futuro papa, severo e quasi malinconico, denotano una mano talentuosa e una certa raffinatezza ritrattistica.

Gabriele de Melis




Bibliografia
  • G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori, 1568, edizione a cura di Paola Barocchi, Firenze 1966, Firenze 1966-87, p. 571.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1838, p. 602.
  • J.D. Passavant, Raphael d’Urbin et son père Giovanni Santi, Paris 1860.
  • A. Venturi, La casa dell’arte a Villa Pinciana, Roma 1893, pp. 195-196.
  • P. Della Pergola, I dipinti. Roma, Galleria Borghese, I-II, Roma 1959.
  • G. Cavalcaselle, J. Crowe, A new history of painting in Italy from the second to the sixteenth century, London 1864.
  • G. Morelli, Della pittura italiana. Studi storico-critici. Le gallerie Borghese e Doria-Pamphili in Roma, Roma 1890.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I: La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 352.
  • H. Voss, Quellenforschung und Stilkritik, München 1933, pp. 250-252.
  • B. Berenson, The drawings of the Florentine painters, Chicago 1938.
  • A. De Rinaldis, La Reale Galleria Borghese in Roma, Roma 1939.
  • I. Cheney, A Portrait by Jacopino del Conte in the Borghese Gallery, in “Marsyas”, IV, 1954, pp. 35-41.
  • P. Giovio, Lettere, a cura di Giuseppe Guido Ferrero, Roma 1956-58, p. 348.
  • I. Cheney, Notes on Jacopino del Conte in “The art bulletin”, 52, 1970, pp. 32-40.
  • L. Russo, Per Marcello Venusti, pittore lombardo in “Bollettino d’arte”, 6. Ser. 76. 1990, 64, pp. 1-26.
  • A. Vannugli, Jacopino del Conte (1513-1598), Tesi di Dottorato di ricerca di Storia dell’Arte, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Roma 1992.
  • P. Costamagna, Pontormo, Milano 1994, pp. 319-320.
  • R. Nicolò, La Villa di Marcello Cervini al Vivo d’Orcia, in “Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, 43, 2004, pp. 51-74
  • F. Lucantoni, in Tipologie della ritrattistica cardinaliza tra ‘500 e ‘600 in “La Porpora Romana”, mostra e catalogo a cura di Maria Elisa Tittoni, Francesco Petrucci, Roma 2006, pp. 66-67.
  • M. Lupo in L’uomo del Concilio. Il cardinale Giovanni Morone tra Roma e Trento nell’età di Michelangelo, a cura di R. Pancheri, D. Primerano Trento 2009, pp. 250-251.
  • A. Donati, Ritratto e figura nel manierismo a Roma, Michelangelo Buonarroti, Jacopino del Conte, Daniele Ricciarelli, San Marino 2010, pp. 153-154.
  • M. Corso, Jacopino del Conte nel contesto artistico romano tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Cinquecento, Tesi di dottorato Università degli studi Roma Tre, Roma 2014, pp. 182-186.
  • A. Geremicca, Quattro sonetti per quattro ritratti: attestazioni letterarie per Jacopino del Conte ritrattista dei Del Monte e degli Orsini, Roma 2020, pp. 92, 99 nota 37.