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La morte di santa Caterina da Siena

Bottega di Carracci Agostino

(Bologna 1557 - Parma 1602)

Questa tela raffigura un episodio noto della vita di Caterina da Siena, quando in fin di vita la santa rivela al mondo le sacre stimmate, ricevute in dono durante un'estasi nel 1375. Secondo la Legenda maior sanctae Catharinae Senensis, infatti, la mistica chiese espressamente al suo divino sposo di rendere invisibili le piaghe, rivivendone il dolore nel segreto del suo cuore.

La santa è qui rappresentata con i suoi tipici attributi iconografici - l'abito domenicano, la corona di spine, il cuore, il crocifisso, il giglio e il più raro manipolo - mentre esanime è sorretta da due angeli.


Scheda tecnica

Inventario
058
Posizione
Datazione
Fine XVI - Inizi XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 90 x 69
Cornice
Salvator Rosa (cm 108 x 89 x 7).
Provenienza
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inv. 1790, St. VII, n. 126); Inventario Fidecommissario, 1833, pp. 15-16; Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 2009-2010 Roma, Palazzo Venezia.
Conservazione e Diagnostica
  • 1958 Alvaro Esposti (pulitura, stuccatura lacune, ripresa di colore e verniciatura finale).

Scheda

Questa tela è segnalata per la prima volta in collezione Borghese nel 1790, registrata nell'inventario di quell'anno con il preciso riferimento ad Agostino Carracci, noto pittore bolognese, fratello di Annibale e cugino di Ludovico. L'assegnazione dell'opera al catalogo di Agostino è confermata negli elenchi fedecommissari del 1833, rivista successivamente in favore di Ludovico sia da Giovanni Piancastelli (1891) e Adolfo Venturi (1893), sia da Heinrich Bodmer (1939) che preferì parlare di opera della scuola di Ludovico al contrario di Roberto Longhi (1928) che invece vi aveva visto una "derivazione da un modello piuttosto di Annibale che di Ludovico".

Nel 1955 Paola della Pergola pubblicò senza alcuna riserva la tela come opera autografa di Agostino Carracci, parere accolto positivamente da tutta la critica (Stefani 2000; Herrmann Fiore 2006; Terribili 2009), ad eccezione di Stephen E. Ostrow (1966).

L'opera rivela certamente l'interesse nutrito da Agostino per quei "moti dell'animo", ricercati dal bolognese soprattutto nelle opere di Correggio, riproducendo di fatto - come in questa tela di destinazione privata - quell'intenso patetismo che invita implicitamente l'osservatore a partecipare alla drammaticità della scena.

 

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 179; 
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 63; 
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 182; 
  • H. Bodmer, Ludovico Carracci, Burg 1939, p. 142; 
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, pp. 18-19, n. 11; 
  • S.E. Ostrow, Agostino Carracci, tesi di dottorato (New York University), III, New York 1966, p. 343; 
  • R. Longhi, Saggi e ricerche 1925-28. Precisioni nelle gallerie italiane. La Galleria Borghese, Firenze 1967, p. 317-335; 
  • C. Stefani in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 388; 
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 25; 
  • C. Terribile, in Il potere e la grazia. I santi patroni d’Europa, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia, 2009), a cura di A. Geretti, Milano 2009, p. 241.