Notice: Undefined variable: xbusqueda in /data/webs/borghese/includes/menu.php on line 125
Risultati della ricerca
X
Nessun risultato :(
Consigli per la tua ricerca:
I risultati del motore di ricerca si aggiornano istantaneamente non appena si modifica la chiave di ricerca.
Se hai inserito più di una parola, prova a semplificare la ricerca scrivendone solo una, in seguito si potranno aggiungere altre parole per filtrare i risultati.
Ometti parole con meno di 3 caratteri, ad esempio "il", "di", "la", perché non saranno incluse nella ricerca.
Non è necessario inserire accenti o maiuscole.
La ricerca di parole, anche se scritte parzialmente, includerà anche le diverse varianti esistenti in banca dati.
Se la tua ricerca non produce risultati, prova a scrivere solo i primi caratteri di una parola per vedere se esiste in banca dati.
Questo dipinto fu eseguito da Francesco Albani per il cardinale Scipione Borghese che nel 1622 acquistò l'intera serie - composta da quattro tondi - raffigurante il tema dell'amore attraverso le storie mitologiche di Venere e Diana. L'opera, dai caldi toni estivi, segue La toeletta di Venere (inv. 40) e rappresenta la dea della bellezza, in visita all'officina di Vulcano, mentre alcuni amorini sono intenti a forgiare le armi che trafiggeranno i cuori indifesi delle loro povere vittime. In alto, circondata dalle ancelle, si riconosce Diana, dea della caccia, che osserva con sdegno un gruppo di puttini, intenti a colpire un cuore, dipinto su uno scudo e appeso per l'occasione ad un albero. Con buona probabilità, il dipinto – così come l’intero ciclo – trae ispirazione dalle Eikones di Filostrato di Lemno, in cui si raccontano i giochi degli amorini nelle quattro stagioni dell'anno.
Cornice ottocentesca decorata con loto e palmette.
Provenienza
Roma, cardinale Scipione Borghese, 1622 (Della Pergola 1955, p. 15); Inventario 1693, Stanza IV, n. 221; Parigi, 1803-1816; Roma, collezione Borghese, 1816; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 11. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
1985 Roma, Palazzo Venezia;
1988-1989 Roma, Palazzo Venezia;
1996-1997 Lecce, Fondazione Memmo;
1992 Roma, Palazzo delle Esposizioni.
Conservazione e Diagnostica
1908 Luigi Bartolucci
1937 Carlo Matteucci
1960-1961 Renato Massi
1962-1963 Alvaro Esposti
1996-1997 Paola Tollo
2006-2007 Paola Tollo
Scheda
Questa tela appartiene a una serie formata da quattro tondi, eseguita dal pittore bolognese Francesco Albani per arricchire la superba collezione del cardinale Scipione Borghese. L’opera fu acquistata dal potente prelato nel 1622 per il tramite del suo tesoriere Stefano Pignatelli, come si evince da un pagamento - datato 13 ottobre 1622 - emesso in favore del doratore Annibale Durante per tre cornici tonde “fatte a festoni intagliati a frutta quali servono alli tre quadri dell’Albano” (Della Pergola 1955, p. 15). Resta ancora ignota la ragione per cui non viene menzionata la quarta tela – con buona probabilità Il trionfo di Diana (inv. 49) – che, stando alla critica, dovette essere eseguita contestualmente all’acquisto degli altri tre dipinti per conferire al ciclo un nuovo significato. Con l’aggiunta de Il trionfo di Diana, infatti, i primi tre tondi - raffiguranti le storie di Venere - rinascono sotto una nuova luce, trattando non solo della dea della bellezza, bensì della rivalità fra l’Amore e la Castità - virtù incarnate dalle due dee - e del trionfo della casta Diana sulla bella Venere.
Secondo la critica, inoltre, sembra che per questo ciclo il pittore si fosse ispirato alle Eikones di Filostrato di Lemno. Questo testo, che ebbe una notevole fortuna nell’arte del Cinque e del Seicento, descrive sotto forma di dialogo una visita a una villa nei pressi di Napoli, dove un maestro e i suoi allievi ammirano sessantaquattro quadri, tra cui alcuni raffiguranti i giochi degli amorini nelle quattro stagioni: il lancio dei pomi in primavera, la fucina in estate, il congedo di Venere da Adone in autunno e il sonno in inverno.
Il ciclo è segnalato per la prima volta da Iacomo Manilli nel 1650 presso il casino di Porta Pinciana; qui rimase fino al 1658 quando, per ragioni di sicurezza, Giovanni Battista Borghese lo fece trasferire nel palazzo di città, dove risulta documentato sia nell’inventario del 1693, sia da Domenico Montelatici nel 1700. Contestualmente al trasferimento del ciclo presso la residenza di Campo Marzio, il principe Borghese fece eseguire una copia dei quattro tondi da destinare alla villa, due dei quali identificati da Eric van Schaack presso il Colegio de Santamarca a Madrid (La toeletta di Venere e Il trionfo di Diana). Nel XIX secolo, infine, la serie fu prelevata da Napoleone Bonaparte per essere portata a Parigi, dove rimase fino al 1816, quando rientrò definitivamente a Roma.
Ancora dubbia resta la sua data di esecuzione. Stando agli studi, la serie fu realizzata entro il 1618, anno del rientro del pittore a Bologna; oppure nel 1621-1622, non essendo menzionata nelle Considerazioni sulla pittura di Giulio Mancini. Secondo Van Schaack, invece, le tele furono terminate entro il 1621, quando il pittore, chiamato alla corte di Ferdinando Gonzaga a Mantova, eseguì un ciclo analogo, in cui figurano diversi particolari, ripresi dalla serie Borghese. Ad ogni modo, l’analisi stilistica conferma quanto finora espresso dagli studi: le tele, infatti, richiamano alla mente le opere dell’Albani, eseguite a cavallo tra il secondo e il terzo decennio del Seicento, anni in cui il pittore produsse soggetti simili, come il ciclo - oggi al Louvre - iniziato per il duca di Mantova e terminato per il principe Gian Carlo de’ Medici.
Questa serie ebbe un enorme successo, come dimostrano i tondi con la rappresentazione dei quattro Elementi, eseguiti per il cardinale Maurizio di Savoia (Torino, Galleria Sabauda); e la Danza degli Amorini, già in collezione Sampieri a Bologna (Milano, Pinacoteca di Brera).
L’ideale classico del ’600 in Italia e la pittura di paesaggio, V Mostra Biennale d’Arte Antica, Bologna, a cura di C. Volpe, Bologna 1962, p. 3;
P. Della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (II), “Arte Antica e Moderna”, XXVIII, 1964, p. 452;
R. Longhi, Saggi e ricerche 1925-28. Precisioni nelle gallerie italiane. La Galleria Borghese, Firenze 1967, p. 334;
M. Bernardi, La Galleria Sabauda di Torino, Torino 1968, pp. 182-183;
E. Van Schaack, Francesco Albani (1578-1660), New York, pp. 267-270, n. 145;
L. Ferrara, La Galleria Borghese, Novara 1970, pp. 127-128;
R. Wiecker, Wilhelm Heinses Beschreibung romischer Kunstschatze Palazzo Borghese – Villa Borghese, (1781-1783), Kopenhagen 1977, pp. 45, 95-96;
Nell’età di Correggio e dei Carracci: pittura in Emilia dei secoli XVI e XVII (catalogo della mostra, Bologna, Pinacoteca Nazionale e Accademia di Belle Arti, Museo Civico Archeologico 1986; Washington, National Gallery of Art 1986-1987; New York, The Metropolitan Museum of Art 1987), Bologna 1986, pp. 369-372, n. 117;
V. von Flemming, Un’opera variata: le cycle des tableaux de Francesco Albani au musée du Louvre, in Seicento: la peinture italienne du XVIIe siècle et la France, Paris 1990 pp. 309-323, pp. 309-311;
K. Herrmann Fiore, in Invisibilia. Rivedere i capolavori. Vedere i progetti (Catalogo della mostra, Roma Palazzo delle Esposizioni 1992), a cura di M. E. Tittoni, S. Guarino, Roma 1992, pp. 32-33;
A. Coliva, a cura di, La Galleria Borghese, Roma 1994, p. 198, n. 117;
Immagini degli Dei. Mitologia e collezionismo tra Cinquecento e Seicento (Catalogo della mostra, Lecce, Fondazione Memmo 1996-1997), a cura di C. Cieri Via, Milano 1996, pp. 149-152, n. 21.I;
V. von Flemming, Arma Amoris: Sprachbild und Bildsprache der Liebe; Kardinal Scipione Borghese und die Gemäldezyklen Francesco Albanis, Mainz 1996;
K. Herrmann Fiore, Guida alla Galleria Borghese, Roma 1997, pp. 89-90;
C. R. Puglisi, Francesco Albani, New Haven [u.a.] 1999, pp. 19, 135 ;
K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 18;
S. Loire, Le paysage à Rome: Annibal Carrache et ses suiveurs, in Nature et idéal: le paysage à Rome 1600– 1650 (catalogo della mostra, Paris Grand Palais, Galeries Nationales 2011; Madrid Museo Nacional del Prado 2011), a cura di S. Loire, A. Úbeda de los Cobos, F. Cappelletti, P. Cavazzini, S. Ginzburg, Paris 2011, pp. 136-138;