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Veduta marina con roccia

Toeput Lodewyk detto Pozzoserrato

(Anversa 1550 - Treviso 1603-05)

Il dipinto, variamente attribuito dalla critica a Joachim Patinir e al Pozzoserrato, è da ricondurre all'attività di un artista anonimo, attivo ad Anversa nella seconda metà del Cinquecento e sensibile alle novità introdotte da questi maestri nella pittura di paesaggio. L'opera, attestata in collezione Borghese a partire dal 1693, rappresenta un paesaggio notturno, caratterizzato da alcuni scogli attraversati alla base da una apertura. Tutt'intorno mare e cielo si sciolgono nello stesso colore, bagnati dal chiarore di una luce lunare.


Scheda tecnica

Inventario
200
Posizione
Datazione
1580 ca.
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 22 x 25
Cornice

Salvator Rosa (cm 89,6 x 36,8 x 4,5)

Provenienza

Roma, collezione Borghese, 1693 (Inv. 1693, St. XI, nn. 7-8); Inventario Fidecommissario, 1833, p. 27; Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 2012/13 - Lille, Palais des Beaux-Arts
Conservazione e Diagnostica
  • 1958 - Alvaro Esposti

Scheda

La provenienza di questo dipinto è tuttora sconosciuta. L'opera infatti è documentata in collezione Borghese solo a partire dal 1693, elencata nel relativo inventario con il numero '59' tuttora visibile nell'angolo in basso a destra. Attribuita inizialmente a Herri met de Bles detto il Civetta (Inv. 1693), la tavola viene rubricata nell'inventario fedecommissario come opera di Paul Bril, attribuzione ripetuta da Giovanni Piancastelli (1891) ma rifiutata da Adolfo Venturi (1893). Questi, seguito da Roberto Longhi (1928), accosta il dipinto a Joachim Patinier, maestro fiammingo specializzato nella produzione di paesaggi e vedute fantastiche.

Tenendo conto di alcuni particolari, come le montagne forate, nel 1959 Paola della Pergola (Ead. 1959), assegna l'opera al fiammingo Lodewijck Toeput, pittore nativo di Anversa, giunto a Venezia nel 1582 e attestato a Firenze, Roma e Treviso, dove morì nei primi anni del Seicento. Tale parere, accettato da Kristina Herrmann Fiore (2006), è stato messo in dubbio da Isabella Rossi (2012). Secondo lo studioso, infatti, sebbene alcuni particolari, come la conformazione delle rocce e gli scogli traforati alla base, rimandino alla produzione del pittore fiammingo, gli stessi sono comuni a più pittori, trattandosi di vocaboli alquanto abusati in un ambiente artistico compatto come quello di Anversa.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, Roma 1891, p. 387;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 122;
  • J. A. Rusconi, Il Museo e la Galleria Borghese, Bergamo 1906, p. 86;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 197;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 181, n. 286;
  • L. Collobi Ragghianti, Dipinti fiamminghi in Italia: 1420- 1570. Catalogo, Bologna 1990, p. 141;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p.69;
  • I. Rossi, in Fables du paysage flamand. Bosch, Bles, Breughel, Bril, catalogo della mostra (Lille, 2012-2013), a cura di A. Tapié, Paris 2012, p. 318, n. 98