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Cristo giovanetto

Montagna Bartolomeo

(Orzinuovi 1447 - Vicenza 1523)

Il dipinto, realizzato da Bartolomeo Montagna entro il primo decennio del XVI secolo, raffigura il giovane Cristo. L’iconografia va verosimilmente ricondotta all’episodio della disputa del Salvatore tra i Dottori, narrata nel Vangelo di Luca.


Scheda tecnica

Inventario
430
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 24 x 20
Provenienza

incerta

Conservazione e Diagnostica
  • 1907, Luigi Bartolucci (intervento sul supporto)

Scheda

Il dipinto sarebbe da identificare, secondo quanto ipotizzato da Paola Della Pergola, con «Un quadro in tavola con una testa di Nro. Sig.re Giovane alto pmi uno et un quarto di mano del Moro coma a d.to Inventario N. 66 et a quello del Sig.re Cardinale a carte 106», registrato nell’inventario dei beni di Olimpia Aldobrandini del 1682 (Della Pergola 1955-1959, I, pp. 120-121, n. 216; Della Pergola 1963, p. 76, n. 345), plausibilmente lo stesso presente nell’inventario dei beni di Pietro Aldobrandini del 1603 e ricordato come «Una testa di Christo giovane» e con una oscura attribuzione al «Morra» (Archivio Aldobrandini, Inventario di Pietro Aldobrandini, 1603, f. 107, n. 66). Questa ipotesi, tuttavia, non trova riscontro nella documentazione: nella scheda da lei redatta nel 1955 la studiosa non indicava infatti un’occorrenza riferibile al quadro in questione nell’inventario del 1693, così come esso non sembra comparire, o quantomeno non con certezza, in quelli successivi. Della Pergola, infatti, proponeva di identificare il dipinto con i «due quadretti» di autore ignoto del manoscritto di Piancastelli (p. 456): ciò è però erroneo in quanto questi ultimi sono realizzati su rame, mentre il dipinto del Montagna è su tavola. Ne consegue l’impossibilità, quantomeno per il momento, di stabilire quando il dipinto abbia effettivamente fatto il suo ingresso in collezione Borghese.

Il giovane Cristo indossa una veste cremisi decorata con preziosi ricami dorati e i suoi occhi verdi, incorniciati da voluminosi capelli ramati, sono rivolti verso lo spettatore. La singolare iconografia del dipinto è da riferire probabilmente al Vangelo di Luca, all’interno del quale viene narrato uno dei pochissimi episodi della vita del giovane Gesù del Nuovo Testamento, quello della Disputa tra i Dottori: quando Cristo aveva dodici anni i suoi genitori, come da tradizione, si recarono a Gerusalemme per la Pasqua, ma lo persero di vista, ritrovandolo solo tre giorni dopo «seduto fra i dottori, in atto di ascoltarli ed interrogarli: e tutto l’uditorio era stupefatto del senno e delle risposte di lui» (Vangelo di San Luca, II, 41-52). Secondo Margherita Azzi Visentini, nonostante nel dipinto si veda soltanto Gesù, senza nessun’altra figura intorno, il gesto che egli compie con la mano permette di collocarlo nel filone della rappresentazione della Conversazione di Cristo tra i Dottori, un’iconografia molto fortunata e diffusa soprattutto nel Cinquecento, a partire dal prototipo di Durer in collezione Thyssen (Azzi Visentini 1980, pp. 6-9).

Adolfo Venturi, osservando «la modellatura […] dura e ferrigna» del dipinto, scartava il nome di Timoteo Viti e lo riconduceva invece ad un pittore di scuola fiorentina (1893, p. 202). Rifacendosi probabilmente ad un’ipotesi di Giulio Cantalamessa, Roberto Longhi (1928, p. 430) – seguito da Emma Zocca (1937, p. 190), Della Pergola (1955-1959, I, pp. 120-121, n. 216) e Lionello Puppi (1962, pp. 123-124; 1966, p. 239) – lo attribuiva a Bartolomeo Montagna.

A fare definitivamente luce sull’autografia, per lungo tempo dibattuta è stata la Azzi Visentini, che nel 1980 ha pubblicato altre due versioni del dipinto, una in collezione privata e l’altra oggi dispersa ma un tempo in collezione Walker. Sulla prima si trova l’iscrizione «CHRISTUS VIVIFICAT SUAM FIGURAM MDVII/ MONTAGNAE CELEBRIS MANUS VENUSTAT DIE III MARCII», mentre sulla seconda, nota solo attraverso una fotografia rinvenuta da Lionello Puppi al Courtald Institute, si legge «Opus Bartholomei Montagnae». Ciò conferma da una parte l’intuizione di Longhi, sancendo definitivamente l’attribuzione a Montagna, e dall’altra fa luce anche sulla cronologia del dipinto. Infatti, Longhi riteneva che esso fosse stato realizzato da un «Montagna genuino» intorno al 1500 (1928, p. 430), mentre Puppi (1962, pp. 123-124; 1966, p. 239), seguito da Anna Coliva (1994, p. 44, n. 7), spostava la datazione del quadro al 1502-1503. La data 1507 rappresenta quindi un estremo cronologico importante, permettendo di collocare la realizzazione del dipinto Borghese durante l’esperienza veronese del Montagna, idealmente tra il Cristo Benedicente della Galleria Sabauda di Torino, ultimato nel 1502, e quello in collezione privata (ex Columbus), datato 1507. L’isolamento delle figure nei dipinti di questa fase della produzione del Montagna va letta, secondo Puppi, come un tentativo di «superare la questione di una dialettica figura-ambiente»: il pittore vicentino «spegne, intorno alla figura, ogni luce perché si esaltino le qualità specifiche di integrità e pienezza, in una dimensione indefinita che escluda ogni rapporto che non sia della figura con se stessa» (Puppi 1962, p. 61).

Camilla Iacometti




Bibliografia
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 202.
  • F. Mariotti, La legislazione delle belle arti, Roma 1892, p. 90, nn. 58-59
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie italiane. R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 430.
  • B. Berenson, The Italian pictures of the Renaissance. A list of the principal artists and their works with an index of places, Oxford 1932, p. 368.
  • E. Zocca, Appunti su Bartolomeo Montagna, in «L’Arte», XL, 1937, pp. 183-191, in particolare p. 190.
  • P. Della Pergola, Galleria Borghese. I dipinti, 2 voll., Roma 1955-1959, I, pp. 120-121, n. 216.
  • B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Venetian School, 2 voll., London 1957, p. 116.
  • B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento. Elenco dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi, London 1958, p. 120.
  • L. Puppi, Bartolomeo Montagna, Venezia 1962, pp. 123-124.
  • P. Della Pergola, Gli inventari Aldobrandini: l’inventario del 1682 (2), in «Arte antica e moderna», 1963, pp. 61-87, in particolare p. 76, n. 345.
  • L. Puppi, Album Vicentino. I. Aggiunta al catalogo di Bartolomeo Montagna, in «Arte Veneta», XX, 1966, pp. 236- 240, in particolare p. 239.
  • M. Azzi Visentini, In margine a un dipinto inedito di Bartolomeo Montagna, in «Antichità Viva», XIX, 1980, 5, pp. 5-10, in particolare pp. 6-9.
  • A. Coliva, Galleria Borghese, Roma 1994, p. 44, n. 7.
  • K. Ü. Nielsen, Bartolomeo Montagna und die Venezianische Malerei des Späten Quattrocento, tesi di dottorato (Ludwig-Maximillans Universität 1995), p. 151.
  • A. Pellizzari, Bartolomeo Montagna: gli esordi e la prima maturità, tesi di laurea (Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, 2000), pp. 101-102.
  • L. De Zuani, Bartolomeo Montagna (1450 c. – 1523), tesi di dottorato (Padova, Dipartimento dei Beni culturali, 2015), pp. 318-320.