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Cristo benedicente

Marco d'Oggiono

(Oggiono 1470 ca. - 1530 ca.)

Donata nel 1611 da Paolo V a suo nipote Scipione Borghese, questa tavola entrò in Galleria col nome di Leonardo da Vinci, attribuzione mantenuta inalterata fino a tempi recenti, quando è stata concordemente assegnata a Marco d’Oggiono. L’adesione dell’opera ai dettami leonardeschi è così forte che la critica ha supposto la sua derivazione da un prototipo del Maestro; verosimile è invece l’ipotesi che il dipinto sviluppi in modo compiuto i suggerimenti di una serie di schizzi lasciati da Leonardo e personalmente reinterpretati dall’artista. 

Suggestivo appare il taglio iconografico dell’opera che recupera l’immagine dalla tradizione bizantina del 'Cristo Pantocrator', il cui gesto della mano destra allude al mistero della Trinità divina. La vicinanza alla lezione leonardesca trova una significativa conferma nella resa minuziosa e fedele della superficie terrestre, aggiornata sulle nuove conoscenze apportate dalle esplorazioni di fine secolo.


Scheda tecnica

Inventario
435
Posizione
Datazione
fine secolo XV - inizio secolo XVI
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 33 x 36
Provenienza
Roma, collezione Scipione Borghese, 1611 (Della Pergola 1955); Inv. 1693, St. IV, n. 52; Inv. 1790, St. II, n. 52; Inventario Fidecommissario, 1833, p. 39; Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 1930 Londra,
  • 2000-2001 Milano, Palazzo Reale;
  • 2009 Kyoto, The National Museum of Modern Art;
  • 2010 Tokyo, Metropolitan Art Museum;
  • 2012 Illegio, Casa delle Esposizioni;
  • 2019-2020 Parigi, Museo del Louvre.
Conservazione e Diagnostica
  • 1964-1965 Alvaro Esposti (rimozione della vernice ingiallita; ripresa a tempera di piccole lacune)

Scheda

La tavola fu donata nel 1611 da Paolo V a suo nipote Scipione Borghese, come documentato da un chirografo datato 23 maggio 1611: "Un quadretto dipinto dal celebre Leonardo da Vinci rappresentante il Salvatore che tiene il mondo in mano, quale esisteva nelle camere del Vaticano". Ritenuta al momento della donazione un'opera autografa di Leonardo da Vinci, la tavola mantenne tale attribuzione fino al 1855 quando Burckhardt la riferì ad un seguace di Leonardo; seguito nel 1878 da Lübke secondo cui il dipinto era stato certamente ispirato dal Maestro. Il primo ad assegnare questa piccola tavola a Marco d'Oggiono fu nel 1869 Frizzoni, attribuzione condivisa - ad eccezione di Marcora (1976) - da tutta la critica e in particolare da Paola della Pergola che nel 1955 pubblicò l'opera con il riferimento al pittore leonardesco nel catalogo dei dipinti della Galleria Borghese. Nel 1989, sulla base di elementi cartografici, Sedini ha datato il dipinto all'ultimo decennio del Quattrocento, realizzato secondo lo studioso entro il 1498 per alcune analogie stilistiche con le opere di Giovanni Antonio Boltraffio. Tale parere è stato accolto positivamente sia da Marani (cfr. Herrmann Fiore 2000), che in un primo momento (1987) aveva suggerito una datazione al 1519 circa; sia da Shell (1998) che come Venturi (1942) riteneva questo Salvator Mundi "uno dei migliori dipinti di Marco d'Oggiono", riscontrando una certa familiarità con la Madonna lactans della Citty Art Gallery a Auckland e con la Vergine del Museo del Louvre.  Secondo Kristina Herrmann Fiore (2000), Marco d'Oggiono si sarebbe ispirato per questa composizione ad Antonello da Messina, come evocherebbero non solo lo sfondo scuro da cui si stacca il volume della figura, bensì il colorito e la finezza della luce metallica visibile sui riccioli, nonché l'impostazione prospettica della mano sinistra e l'illuminazione delle dita, particolari ravvisabili nella nota Pala di san Cassiano dipinta da Antonello nel 1475 (Vienna, Kunsthistorisches Museum). La studiosa infine lascia cautamente aperta la questione circa la possibilità che l'artista possa aver utilizzato un archetipo di Leonardo, descritto in una lettera di Isabella d'Este del 1504; oppure che si avvalse di alcuni schizzi e disegni del maestro, come già suggerito da Paola Della Pergola (1955).  La tavola rappresenta un giovane Cristo, ritratto a mezza figura, mentre regge con la mano sinistra il globo terrestre e alza la destra in segno di benedizione. Tale composizione rimanda all'iconografia del 'Salvator Mundi' che presenta Gesù quale salvatore del mondo, un'immagine ripresa dalla tradizione bizantina, resa popolare dai pittori fiamminghi e molto diffusa in ambito veneziano. Secondo la Herrmann Fiore (2000), inoltre, il globo rimanderebbe alle immagini di imperatori giovani della tradizione figurativa antica non essendo sormontato dalla croce, nè trattandosi di una sfera di cristallo allusiva all'universo intero. Una copia di questo dipinto, di qualità inferiore, è stata segnalata da Sedini (1989) presso la collezione della Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano mentre una variante con il Salvatore con il globo, stilisticamente affine a Marco d'Oggiono si conserva a Napoli (San Domenico Maggiore).        Antonio Iommelli


Bibliografia
  • J. Burckhardt, Der Cicerone. Eine Einleitung zum Genuss der Kunstwerke Italiens, Leipzig 1855, p. 947;
  • G. Frizzoni, in J. Burckhardt, A. Zahn, Der Cicerone, Leipzig 1869, p. 873;
  • W. Lübke, Geschichte der Italienischen Malerei vom vierten bis ins sechzehnte Jahrhundert, II, Stuttgart 1878, p. 452;
  • A. Seubert, Allgemeneis Künstlerlexicon, Stuttgart 1879, p. 7;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 204-205;
  • E. Müntz, Histoire de l’art pendant la Renaissance, Paris 1895, p. 672;
  • A. Venturi, La Galleria Crespi, Milano 1900, p. 262;
  • G. Giusti, La Galleria Borghese e la Villa Umberto I in Roma, Città di Castello 1911, p. 105;
  • A. Venturi, Attraverso le Marche, in "L'Arte", VII, 1915, p. 1054;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 221;
  • W. Suida, Leonardo und sein Kreis, München 1929, pp. 139, 296;
  • W. Suida, Oggiono, Marco, in U. Thieme, F.Becker, Allgemenies Lexikon des Bildenden Kunste, XXV,1931, ad vocem;
  • B. Berenson, Italian Pictures of the The Renaissance, Oxford 1932, p. 402;
  • A. De Rinaldis, Documenti inediti per la Storia della R. Galleria Borghese in Roma. III: Un Catalogo della Quadreria Borghese nel Palazzo a Campo Marzio redatto nel 1760, in “Archivi”, III-IV, 1937, p. 47;
  • A. Venturi, Leonardo e la sua Scuola, Novara 1941, XXXII;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, p. 82, n. 146;
  • W. Suida, La Scuola di Leonardo, in Leonardo da Vinci, Novara 1956, pp. 320-322;
  • F. Mazzini, La pittura lombarda del primo Cinquecento, i Leonardeschi, in Storia di Milano, Tra Francia e Spagna (1500-1535), VIII, Milano 1957, p. 575;
  • R. Darmstaedter, Künstlerlexikon, Bern-Munchen,1961, ad vocem;
  • R. P. Ciardi, La raccolta Cagnola, dipinti e sculture, Milano 1965, p. 51;
  • A. Ottino Della Chiesa, L’opera completa di Leonardo Pittore, Milano 1967, p. 112;
  • B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance-Central Italian and North Italian Schools, London 1968, p. 244;
  • K. Clark, The Drawings of Leonardo da Vinci in the Collection of her Majesty the Queen at Windsor Castle, London 1968, p. 94;
  • L. Ferrara, La Galleria Borghese, Novara 1970, pp. 40-41;
  • M. Calvesi, Caravaggio o la ricerca della salvazione, in “Storia dell'arte”, III, 1971, p. 99; Precerutti Garberi 1972, p. 160; Diz. Enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani VIII ,1975, ad vocem;
  • C. Marcora, Marco d’Oggiono: Il problema dei “Leonardeschi”, Oggiono-Lecco 1976, p. 210;
  • M. Precerutti Garberi, Capolavori d'arte lombarda, in I Leonardeschi ai raggi X, catalogo della mostra (Milano, Castello Sforzesco, 1982), a cura di M. Precerutti Garberi, Milano 1982, pp. 202, 216;
  • J. Snow-Smith, The Salvator Mundi of Leonardo da Vinci, Seattle 1982, pp. 11-27; Navarro, in Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma, catalogo della mostra (Napoli, 1982-1983), a cura di A. Vezzosi, Firenze 1983, p. 149;
  • A. Vezzosi, Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma, catalogo della mostra (Napoli, Museo Capodimonte; Roma, Palazzo Venezia), a cura di A. Vezzosi, Firenze 1983, p. 215;
  • C. Hibbard, in Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma, catalogo della mostra (Napoli, Museo Capodimonte; Roma, Palazzo Venezia), a cura di A. Vezzosi, Firenze 1983, p. 77;
  • P. C. Marani, Leonardo e i leonardeschi a Brera, Milano 1987, p. 218;
  • P. C. Marani, J. Shell, Un dipinto di Marco d’Oggiono ora a Brera e alcune ipotesi sulla sua attività come cartografo, in “Raccolta Vinciana”, CXXIV, 1992, pp. 73-84, pp. 61-85;
  • A. Coliva, a cura di, La Galleria Borghese, Roma 1994, n. 13;
  • M. T. Fiorio, Leonardismo e leonardismi, in I leonardeschi: l’eredità di Leonardo in Lombardia, Milano 1998, pp. 45-46, pp. 45-46;
  • J. Shell, Marco d’Oggiono, in I leonardeschi: l’eredità di Leonardo in Lombardia, Milano 1998, pp. 45-46;
  • K. Herrmann Fiore, scheda in Il Cinquecento lombardo. Da Leonardo a Caravaggio, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 2000-2001), a cura di F. Caroli, Milano 2000, pp. 123-124;
  • C. Stefani, in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 272;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 141;
  • M. Gianandrea, in Galleria Borghese. The splendid collection of a noble family, catalogo della mostra (Kyoto, The National Museum of Modern Art, 2009; Tokyo, Metropolitan Art Museum, 2010), a cura di C.M. Strinati, A. Mastroianni, F. Papi, Kyoto 2009, p. 94, n. 14.