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Ritratto di Scipione Africano

ambito romano


Publio Cornelio Scipione Africano è ritratto in questo busto con la caratteristica testa completamente calva, l’ovale del volto pieno, il naso dritto da cui si sviluppano profondi solchi naso-labiali. Tali tratti, non testimoniati da alcun prototipo antico che ritraesse il generale e console romano, gli erano però riferiti da una lunga tradizione interpretativa.
L’opera, giunta nella Villa Pinciana tra il 1830 e il 1832, era precedentemente inserita, insieme ad altre 15 riproducenti tutte busti di uomini illustri in porfido e alabastro, nella volta della Galleria degli specchi del Palazzo Borghese in Campo Marzio. Non si conosce l’autore della serie, la cui esecuzione viene datata per le caratteristiche stilistiche al XVII secolo.


Scheda tecnica

Inventario
CXXXV
Posizione
Datazione
XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
porfido e alabastro orientale
Misure
altezza 85 cm
Provenienza
Inserito tra il 1674 e il 1676 nella decorazione della Galleria del Palazzo Borghese in Campo Marzio (H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, p. 11 n. 12). Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C, p. 49, n. 111. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • 1995/1996 C.B.C. Coop. a.r.l.

Scheda

Il busto ritrae un uomo calvo con la testa inclinata leggermente a sinistra e lo sguardo aperto sottolineato da arcate sopracciliari sporgenti. Ai lati del naso dritto si sviluppano profondi solchi naso-labiali. La bocca è ben definita e l’ovale del volto pieno.

Il personaggio ritratto nel busto è identificato con Publio Cornelio Scipione Africano (236- 183 a.C.), console e fine stratega militare romano. Gli elementi identificativi del volto – calvizie, rughe naso-labiali pronunciate, naso dritto – non trovano però origine in alcun prototipo antico raffigurante Scipione. Il modello è stato, piuttosto, individuato dalla critica nel ritratto di ignoto in basalto della collezione Cesi (passato poi ai Ludovisi e quindi ai Rospigliosi), la cui identificazione con l’Africano era stata determinata soprattutto dalla calvizie, per il fatto che a lui si riconduceva l’introduzione a Roma della moda di radersi quotidianamente (Palma Venetucci 1993, pp. 53-54). Anche l’inserimento del personaggio nelle serie di “uomini illustri” ha origine nel Rinascimento, quando Scipione comincia ad essere identificato come un modello da seguire sul piano morale e politico, in contrasto con la figura di Cesare che assumeva invece l’aspetto del tiranno (Tonini 2004-2005, p. 15).

L’opera è esposta nella sala IV della Galleria Borghese insieme ad altri 15 busti in porfido e alabastro provenienti dal Palazzo di famiglia in Campo Marzio, dove erano collocati nella Galleria all’interno di una decorazione in stucco eseguita da Cosimo Fancelli tra il 1674 e il 1676. Stando ai documenti conservati nell’Archivio Borghese, la serie era composta dai “Dodici Cesari” con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito (ASV, AB, b. 5688, n. 15, pubblicati in Hibbard 1962, appendice, doc. I, pp. 19-20). Nel 1830 Nibby li identifica– ancora in Campo Marzio – come “16 busti con teste di porfido, rappresentanti i 12 Cesari e 4 consoli”, e due anni dopo, quando ormai sono esposti lungo le pareti della sala IV, li elenca come Traiano, Galba, Claudio, Otone, Vespasiano (2 esemplari), Scipione Africano, Agrippa, Augusto, Vitellio (2 esemplari), Tito, Nerone, Cicerone, Domiziano, Vespasiano, Caligola e Tiberio. Se l’ultima citazione – comprendente anche un secondo Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore – è quella che corrisponde allo stato attuale della serie (e trova conferma nell’Inventario Fidecommissario del 1833), resta difficile stabilire che fine abbiano fatto i ritratti di Cesare, Tito e Nerva, presenti nel 1674-76 e non più rintracciabili nella serie attuale, chi fosse il quarto console indicato da Nibby nel 1830, dal momento che oggi ve ne sono solo tre (Agrippa, Cicerone e Scipione Africano) e quale sia la provenienza di questi ultimi. Appare quindi ipotizzabile che i busti utilizzati nella galleria – già presenti nel Palazzo Borghese – non corrispondessero ai personaggi previsti nel programma iconografico della volta e che da questa difformità possano essere derivati i successivi errori di identificazione delle fonti. In tale scenario il busto di Scipione Africano, ipotizza Hibbard, potrebbe essere stato utilizzato al posto di quello di Nerva (1962, p. 11 n. 12). In accordo con queste possibili sostituzioni è anche la datazione dell’insieme, che la critica è concorde nel ritenere eseguito contemporaneamente, nel XVII secolo (Faldi 1954, pp. 16-17; Della Pergola, 1974; Moreno, C. Stefani,2000, p. 129; Del Bufalo 2018, p. 116).

     

Sonja Felici




Bibliografia
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  • G. Roisecco, Roma antica e moderna, Roma 1750, II, p. 109.
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  • M. Vasi, Itinerario istruttivo di Roma e delle sue adiacenze, Roma 1794, I, p. 392.
  • C. Fea, Nuova descrizione di Roma antica e moderna e de’ suoi contorni, sue rarità specialmente dopo le nuove scoperte cogli scavi: arricchita delle vedute più interessanti, Roma 1820, II, p. 481.
  • A. Nibby, Itinerario di Roma e delle sue vicinanze, vol. 2, Roma 1830, p. 360.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 95.
  • A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII. Parte seconda moderna, Roma 1841, pp. 919-920.
  • Beschreibung der Stadt Rom, a cura di E. Z. Platner, III, 3, Stuttgart-Tübingen 1842, p. 249.
  • E. Pistolesi, Descrizione di Roma e suoi contorni, Roma, Gallarini, 1852, p. 385.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano del Palazzo della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), I, p. 19.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 33-34.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 13.
  • A. De Rinaldis, Arte decorativa nella Galleria Borghese, in “Rassegna della Istruzione artistica”, 10-11-12, 1935, pp. 311-319, in part. p. 318.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese in Roma, Roma 1948, p. 25.
  • P. Della Pergola, La galleria Borghese in Roma, Roma 1951, pp. 14-15.
  • I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture dal sec. XVI al XIX, Roma 1954, pp. 16-17, cat. 11, fig. 11c.
  • H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20.
  • Le collezioni della Galleria Borghese, a cura di S. Staccioli, P. Moreno, Milano 1981, p. 103.
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  • D. Di Castro Moscati, Il porfido rosso antico, una esclusività romana, in “Gazzetta antiquaria”, 1, 1987, pp. 42-48.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371.
  • B. Palma Venetucci, Alcune osservazioni sugli "uomini illustri" dello studiolo Cesi, in “Bollettino d’arte”, 79, 1993, pp. 49-64.
  • E. Fumagalli, Palazzo Borghese: committenza e decorazione privata, Roma 1994.
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  • Guida alla Galleria Borghese, a cura di K. Herrmann Fiore, Roma 1997, p. 43.
  • D. Batorska, Designs for the Galleria in Palazzo Borghese in Rome: new proposals, in “Paragone”, 48, 1997(1998), pp. 26-45.
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  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 129, fig. 2.
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  • V. Curzi, Allestimenti di dimore romane tra Seicento e Settecento: un itinerario nella tradizione classicista dell’Urbe, in Il capitale culturale, Supplementi 8 (2018), pp. 301-316, in part. 305-306.
  • D. Del Bufalo, Porphyry. Red imperial porphyry. Power and religion, Torino 2018, p. 116, n. H79.
  • Scheda di catalogo 12/01008648, S. Pellizzari 1983; aggiornamento S. Felici 2020.