Il lacerto musivo antico, inserito nel piano di un tavolo settecentesco e delimitato da due cornici floreali moderne, raffigura due amorini in atto di vendemmiare, nudi e alati, dai tratti particolarmente stilizzati.
Questa caratterizzazione, riscontrabile in altri esemplari noti, porta ad inquadrare il mosaico nella metà del IV secolo d.C.
Il frammento musivo è inserito sul ripiano di un tavolino in marmo al quale è stato adattato con risarciture di grandi tessere bianche e due cornici floreali ai lati. Il tavolo fu eseguito quasi sicuramente nel corso del rinnovamento neoclassico della Palazzina, avvenuto per volere del principe Marcantonio IV sotto la direzione dell’architetto Antonio Asprucci (González-Palacios 1993, pp. 232-243).
Della parte antica si conservano le figure di due Eroti, nudi ed alati, nell’atto di vendemmiare: quello di sinistra trasporta una cesta piena d’uva sul capo con entrambe le mani, l’altro è voltato verso di lui e lo incita con il braccio destro teso, mentre con la mano sinistra sorregge un recipiente più piccolo verso il tino. Sullo sfondo è presente un tronco spoglio e in basso, in primo piano, una roccia. Il soggetto iconografico si ritrova particolarmente diffuso nel mondo romano, soprattutto in ambito privato, per il suo valore evocativo di benessere paradisiaco. La stilizzazione dei tratti fisionomici che caratterizza le due figure, con elementi del volto e parti anatomiche resi schematicamente mediante semplici tratti di tessere accostate, trova confronto in alcuni mosaici di medesimo soggetto del IV secolo d.C. Una particolareggiata scena di vendemmia decora il soffitto della volta del Mausoleo di Santa Costanza sulla via Nomentana, mentre scene di coltivazione della vite, di vendemmia e di pigiatura dell’uva ornano i pavimenti di alcuni ambienti attigui al Portico ovoidale nella Villa Romana del Casale a Piazza Armerina.
Giulia Ciccarello