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Madonna di Casa d'Alba

copia da Sanzio Raffaello

(Urbino 1483 - Roma 1520)

L’opera, di autore ignoto, corrisponde ad una replica della nota Madonna d’Alba di Raffaello, oggi conservata presso la National Gallery of Art di Washington.  L’originale, ricondotto ai primi anni di permanenza a Roma dell’artista, prende il nome dal Duca d’Alba, presso cui è attestato alla fine del Settecento. Ritenuta una copia antica, vicina al tempo di Raffaello stesso, il riferimento inventariale più precoce del dipinto Borghese è rintracciabile, con ogni probabilità, nell’elenco dei quadri appartenuti al cardinale Scipione.


Scheda tecnica

Inventario
424
Posizione
Datazione
Prima metà del secolo XVI
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
diam. cm 94
Cornice

‘800 (con corone d’acanto angolari) diametro cm 135, spessore cm 7,7

Provenienza

Roma, collezione cardinale Scipione Borghese, Inv. 1633 circa, n. 246; Inv. 1790, St. X, n. 12; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 22, n. 1. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1984 Roma, Palazzo Venezia

Scheda

Il dipinto corrisponde ad una copia di autore ignoto della celebre Madonna di Casa d’Alba di Raffaello, datata ai primi anni del soggiorno romano dell’artista e attestata alla fine del Settecento nelle collezioni del Duca d’Alba a Madrid, dal quale prese il nome. Successivamente acquistata dallo zar Nicola I di Russia e confluita nella raccolta dell’Ermitage a San Pietroburgo, l’opera fu poi ceduta dal governo sovietico al collezionista americano Andrew W. Mellon e da lui donata alla National Gallery of Art di Washington, dove tuttora si conserva. Il soggetto godette di grande fortuna, come testimoniato dalle numerose repliche note.

La composizione, ambientata in un contesto paesaggistico, è impostata sulla figura centrale della Vergine, abbigliata con una veste rossa e un manto blu, seduta in terra e con un libro nella mano sinistra. Il Bambino, rappresentato nudo in braccio alla madre, è nell’atto di afferrare la croce dalle mani di San Giovannino, in un evidente richiamo allegorico al destino della Passione.

Nonostante la genericità delle descrizioni inventariali che caratterizzano solitamente soggetti ampiamente diffusi come la Madonna col Bambino e San Giovannino, in questo caso è possibile collegare la tavola Borghese ad una voce dell’elenco dei beni di Scipione Borghese, dalla critica datato al 1633 circa (si veda S. Pierguidi, “In materia totale di pitture si rivolsero al singolar Museo Borghesiano”, in “Journal of the history of collections”, XXVI, 2014), così descritta: “Un tondo la Madonna con il figliolo e san Giovannino, la Madalena con il libro in mano cornice lavorata, e dorata, alto 3 ¾ . Copia di Rafaelle in tavola” (Corradini 1998, p. 455, n. 246). Data la corrispondenza del formato, delle misure e del particolare del libro, è probabile che l’estensore dell’inventario abbia erroneamente sostituito la Madonna con la “Madalena” nella descrizione del dipinto (Minozzi 2006, p. 108, nota 14). Accogliendo tale corrispondenza, è possibile affermare che il quadro confluì precocemente nella raccolta Borghese, ancor prima del 1650, anno di pubblicazione della guida alla Villa Pinciana redatta dal Manilli, in cui Della Pergola individua due possibili riferimenti al dipinto (Della Pergola 1959, p. 121; si veda anche Barberini 1984, pp. 53-54; Minozzi 2006, p. 106). Successivamente, la tavola è stata individuata nell’inventario del 1790 e ancora in quello fidecommissario del 1833, in quest’ultimo con l’attribuzione alla scuola di Raffaello.

Definita da Venturi (1893, p. 200) “una cattiva copia” dell’originale dell’Urbinate, l’opera è ritenuta una replica antica, probabilmente del tempo stesso del maestro o di poco posteriore (Piancastelli 1891, p. 301; Cantalamessa 1911-1912, n. 424; Longhi 1928, p. 218).

Pier Ludovico Puddu




Bibliografia
  • J. D. Passavant, Raphaël d’Urbin et son père Giovanni Santi, II, Paris 1860, p. 106;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 301;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 200;
  • J.A. Rusconi, La Villa, il Museo e la Galleria Borghese, Bergamo 1906, p. 91;
  • G. Cantalamessa, Note manoscritte al Catalogo di A. Venturi del 1893, Arch. Gall. Borghese, 1911-1912, n. 424;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 218;
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 121 n. 171;
  • L. Dussler, Raphael. A Critical Catalogue of his Pictures, Wall-Paintings and Tapestries, London 1971, p. 36;
  • G. Barberini, in Raffaello nelle raccolte Borghese, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1984), a cura di Roma 1984, pp. 53-54;
  • S. Corradini, Un antico inventario della quadreria del Cardinal Borghese, in Bernini scultore: la nascita del barocco in Casa Borghese, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1998), a cura di A. Coliva, S. Schütze, Roma 1998, p. 455, n. 246;
  • J. Meyer zur Capellen, Raphael. A Critical Catalogue of his Paintings, II, The Roman Religious Paintings, ca. 1508-1520, Landshut 2005, p. 88, n. 50, II.17;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 139;
  • M. Minozzi, Note sui dipinti di Raffaello nella collezione Borghese, in Raffaello da Firenze a Roma, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 2006), a cura di A. Coliva, Milano 2006, pp. 104, 106.