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Madonna con Bambino e San Pietro

Busi Giovanni detto Cariani

(Fuipiano al Brembo 1480 ca. - Venezia 1547)

La tela è stata riferita a Cariani solo alla fine dell'Ottocento. L'opera è stata probabilmente eseguita nel secondo decennio del Cinquecento, dimostrandosi riecheggiati gli spunti da Bellini e Tiziano, rispettivamente nell'impaginazione della scena e nella figura della Vergine. La composizione è animata dalla figura vivace del Bambino attratto dal cardellino, raffigurato in volo alla sinistra di Maria: questo uccellino, per la macchia rossa sulla testa, è riconosciuto come simbolo della Passione. Le due pere, classificabili come pomi, alludono al peccato originale, da cui l'umanità è salvata.


Scheda tecnica

Inventario
164
Posizione
Datazione
1510-1515
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 73 x 93
Provenienza

Roma, Collezione Borghese, registrato nell’Inv. 1693, St. V, n. 29; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 14. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 2000 Milano, Palazzo Reale
  • 2017 Milano, Palazzo Reale
Conservazione e Diagnostica
  • 1936 Augusto Cecconi Principi
  • 1947 Carlo Matteucci
  • 1960 Renato Massi (cornice)
  • 1962-1963 Alvaro Esposti (dipinto); Renato Massi (cornice)
  • 2000 ENEA (indagini diagnostiche); Liana Persichelli (restauro)
  • 2002-2003 Andrea Parri (cornice)

Scheda

La prima menzione documentale dell’opera è quella nell’Inventario del 1693, in cui è ricordato «Un quadro di tre palmi in tela la Madonna, il Bambino e S. Pietro del n. 98 con cornice dorata del Palma il Vecchio» (Inv. 1693, St.V, n. 29). Nel Fidecommisso del 1833 l’opera è registrata sotto il nome di Giovanni Bellini. Si deve a Joseph Archer Crowe e a Giovan Battista Cavalcaselle e indipendentemente a Otto Mündler, la prima ascrizione della tavola alla mano di Giovanni Cariani.  Attribuzione poi condivisa Venturi, Berenson e Longhi. In particolare Crowe e Cavalcaselle hanno dimostrato la vicinanza stilistica e compositiva della tavola di Cariani con il lavoro di Palma il Vecchio e Lorenzo Lotto. In particolare, dagli studiosi è sottolineata la vicinanza della figura della Vergine con la forma dei visi nella pittura di Palma il Vecchio e la ripresa del colore di Lotto per gli abiti: solo alcuni dei modelli figurativi di Cariani degli inizi del Cinquecento (Crowe-Cavalcaselle 1871, vol. 2, p. 547).

Diversi i pareri circa la datazione della tela. Opinione di Baldass, condivisa da Della Pergola (Della Pergola 1955, I, p. 109, n. 196), è quella di ritenere il dipinto eseguito nella prima fase di produzione dell’artista, attraverso soprattutto l’accostamento alla Madonna con Bambino e S. Sebastiano del Louvre e alla Sacra Conversazione dell’Accademia di Venezia (Baldass 1921, p. 91).  Alessandro Ballarin colloca il dipinto nei primi anni di attività dell’artista, intorno al 1515 (Ballarin 1968, p. 244).  Baldass inoltre fu il primo a sottolineare le affinità stilistiche tra il dipinto in collezione e la Sacra Famiglia con San Sebastiano e Santa Caterina di Sebastiano del Piombo (Baldass 1929, p. 91). Ulteriori vicinanze sono state riscontrate con la Sant’Agata di Edimburgo, la cui datazione è fissata intorno al 1510. L’insolita posizione delle gambe rivela un più stringente riferimento a quella del Cristo della Pala di San Zaccaria di Giovanni Bellini, datata 1505. Modello quest’ultimo ampiamente imitato e copiato nel decennio successivo. La figura del Bambino attratto dal cardellino, raffigurato in volo alla sinistra di Maria, contribuisce a rendere vivace la composizione. Soluzione esemplificata da Dürer nella Madonna del Cardellino (Musei di Berlino) dipinta a Venezia nel 1506, ma ancor più accentuata nella Madonna delle ciliegie di Tiziano del 1515 circa (Vienna Kunsthistorisches Museum). Da quest’ultima sembra derivare anche il ruolo straordinario riservato al davanzale marmoreo, motivo che separa e presenta la scena al cospetto dell’osservatore e al contempo allude al sepolcro di Cristo. Elemento, infine, che distingue l’opera da quella di più ampio respiro dell’Accademia Carrara di Bergamo.

Per una collocazione alla metà del terzo decennio del secolo, vedendovi così una maggiore influenza dell’opera di Palma il Vecchio, è la posizione di Troche (Troche 1932, p. 1-7), poi ripresa da Martini nel 1978 (Martini 1978, p. 68). Diversamente Anna Coliva e considera il dipinto dei primi anni Venti del Cinquecento (Coliva 1994, p. 54, n. 18). Pallucchini spostava la dazione agli ultimi anni Venti del Secolo (1528-1530), facendoli coincidere così con gli ultimi anni del Cariani a Bergamo, vedendovi quindi un maggiore riferimento alla pittura di Tiziano e Sebastiano del Piombo. Opinione quest’ultima condivisa da Kristina Herrmann Fiore, secondo cui, oltre a questi, vi sarebbe stata anche l’osservazione della pittura di Dürer (Herrmann Fiore 2001, n. V. 38).  

Fabrizio Carinci




Bibliografia
  • O. Mündler, Beriträge zu Jacob Burckhardt’s Cicerone, in “Jahrbüchern für Kunstweissenschaft”, II 1869, p. 64.
  • J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy, Venice, Padua, Vicenza, Venezia, Ferrara, Milan, Friuli, Brescia from Fourteenth to the Sixteenth century. Drawn up from fresh materials after researches in the archives of Italy; and from personal inspection of the works of art scattered throught Europe, London, 2 voll.; edizione a cura di T. Borenius, London 1912, 3 voll.
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese iscritti nella nota fidecommissiaria iniziata nel 1888 con annotazioni del 1891, ms., Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 2.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 108.
  • G. Morelli, Della Pittura Italiana. Studi Storici Critici: Le Gallerie Borghese e Doria Pamphili in Roma, 1897, p. 246.
  • A. Foratti, L’arte di Giovanni Cariani, in “L’Arte”, XIII, pp. 177-190.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 193.
  • A. Venturi, Storia dell’Arte italiana (La pittura del Cinquecento), Milano 1901-1940, 25 voll., IX, parte III, pp. 792-856 (cit. 1928).
  • L. Baldass, Ein unbekanntes Hauptwerk des Cariani. Studie über den Entwichlungsgang des Künstler, in “Kahrbuch der Kunstjistorischen Sammlungen in Wien”, nuova serie, III, pp. 91-110.
  • E. G. Troche 1932, Giovanni Cariani als Bildnismaler, in “Pantheon”, München, 9, 1932, pp. 1-7.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese, Roma 1948, p. 73.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1951, p. 33.
  • L. Gallina, Giovanni Cariani (Materiale per uno studio), Bergamo 1954, p. 114.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I dipinti, 1955, I, p. 109.
  • P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (III), in “Arte Antica e Moderna”, XXX, 1965, p. 201.
  • A. Ballarin, Pittura veneziana nei Musei di Budapest, Dresda, Praga, Varsavia, in “Arte veneta” 1968, p. 244.
  • E. Martini, Opere inedite del Cariani con alcune assegnazioni, in “Notizie da Palazzo Albani”, 1978, p. 68.
  • R. Pallucchini, F. Rossi, Giovanni Cariani, Bergamo 1983, pp. 37, 137, n. 67.
  • A. Ballarin, Attorno a Giorgione l’anno 1500, in Giovanni Agostino da Lodi e la cultura figurativa in Italia settentrionale, Giornata di Studi, Milano 15 aprile 1988 (Giornata di Studio sulla pittura padana fra Quattro e Cinquecento, Padova 11 giugno 1985), 1988, p. 30.
  • A. Coliva, Galleria Borghese, Roma 1994, p. 54, n. 18.
  • A. Ballarin, Ancora sulla giovinezza del Cariani, in “Il cielo, o qualcosa di più”, Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Storia delle Arti Visive e della Musica, a cura di Elisabetta Saccumani, 2007, p. 67.
  • G. Morello, Lorenzo Lotto e i tesori artistici di Loreto, Roma 2014, p. 129.