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Lucrezia

Grazia Leonardo detto Leonardo da Pistoia

(Pistoia 1503 - Napoli 1548)

L’opera, variamente attribuita in passato a Perugino, Bronzino e a Jacopino del Conte, è stata definitivamente restituita al catalogo dell'artista pistoiese Leonardo Grazia, nome con cui è segnalata per la prima volta in collezione Borghese nel 1650. Il dipinto, un olio su lavagna, raffigura Lucrezia, moglie di Collatino, celebrata dagli antichi romani come modello di virtù e fedeltà coniugale. Secondo la tradizione, infatti, la donna si pugnalò a morte davanti al marito dopo essere stata violentata da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo, provocando la caduta della monarchia.


Scheda tecnica

Inventario
075
Posizione
Datazione
Quarto decennio del XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su lavagna
Misure
cm 55 x 43
Cornice

Salvator Rosa( cm 68 x 56 x 6.5)

Provenienza

Roma, collezione Borghese 1650 (Manilli 1650); Inv. 1693, St. I, n. 44; Inv. 1790, St. III, n. 20; Inventario Fidecommissario 1833, p. 19; Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 2013 Bonn, Kunst-und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland;
  • 2014-2015 Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini;
  • 2016 Parma, Galleria Nazionale;
  • 2022 Saint Louis, Missouri, Saint Louis Art Museum
Conservazione e Diagnostica
  • 1957 - Alvaro Esposti, Gilda Diotallevi , pulitura, stuccatura delle lacune interessanti, riprese pittoriche

Scheda

Questo dipinto è attestato in collezione Borghese a partire dal 1650, segnalato nella guida di Iacomo Manilli come opera 'del Pistoia', alias Leonardo Grazia, pittore pistoiese attivo tra Roma, Napoli e la Toscana nella prima metà del Cinquecento. Tale attribuzione, ignorata dall'estensore dell'inventario del 1693, dove l'opera figura come 'Incerto', fu rivista prima in favore del Perugino (Inv. 1790) e successivamente - negli elenchi fedecommissari (1833), nelle schede di Giovanni Piancastelli (1891) e nel catalogo di Adolfo Venturi (1893) - come 'opera del Bronzino'.

Il dibattito sulla paternità del dipinto continuò per tutta la prima metà del Novecento, fluttuando dal Bronzino (Morelli 1874) al Pontormo (Berenson 1909), da Baldassare Peruzzi (Longhi 1928) a Jacopino del Conte. Quest'ultima attribuzione, proposta da Paola della Pergola (1959) - secondo cui il modo tagliente di segnare i contorni e le lunghe dita della mano riportano nella cerchia del pittore fiorentino - è stata accettata tra gli altri da Kristina Herrmann Fiore (2006) ma rivista debitamente in favore del Pistoia da Pierluigi Leone de Castris (1988) che ha collocato l'opera, assieme alla Venere nuda (inv. 92) e alla Cleopatra (inv. 337), entrambe in collezione Borghese, al periodo romano. Tale nome, sottovalutato dagli studiosi nonostante la voce autorevole di Manilli (1650), è stato accettato da tutta la critica (De Marchi 1994; Id. in Pietra dipinta 2000; Id. 2014; Bisceglia 1996; Donati 2010) e, di recente, da Michela Corso (2018a; 2018b) che, approfondendo il sodalizio ricordato da Giovanni Baglione tra Jacopino e Leonardo, ha rintracciato nell'opera Borghese quei vocaboli tipici del linguaggio figurativo dell'autore che confermano la sua adesione ai modi di Giulio Romano, di Perin del Vaga e del Parmigianino, filtrati in risposta alla produzione di Jacopino e del Bronzino.  

Come suggerito da Roberto Cannatà (2002), questo dipinto su lavagna mostra un gusto semplificativo della forma 'dalla lucidità alabastrina e dai contorni un po' duri' (Id. 2001) che, insieme alla perfezione fredda e sonante del colore, tinge le opere realizzate dal Grazia intorno all'ultimo decennio capitolino, ossia prima del suo trasferimento alla corte di Napoli, dove fu attivo agli inizi degli anni Quaranta. Le sue opere, infatti, pregne dell'influenza raffaellesca mostrano quella grazia edulcorata e quella sensualità elegante e composta, riscuotendo un grande successo tra Roma e il Napoletano.

L'opera rappresenta Lucrezia, famosa eroina romana, ritratta da sola, contro un fondo scuro, completamente sganciata dal tessuto narrativo descritto dagli antichi (Corso 2018b). La protagonista, inoltre, è presentata immobile, con lo sguardo fermo mentre ostenta la lama, forse così voluta dalla stessa committenza chiedendo all'artista di non enfatizzare il gesto del suicidio, un atto contrario alla morale cristiana (Ead.).

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 98;
  • E. e C. Platner, Beschreibung der Stadt Rom, III, Stuttgart 1842, p. 284;
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 346;
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 252;
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 73;
  • G. Lafenestre, E. Richtenberger, La peinture en Europe. Rome. Les Musées, les Collections particulières, les Palais, Paris 1905, p. 14;
  • B. Berenson, Florentine Painters, New York 1909, p. 176;
  • H. Schulze, Die Werke Angelo Bronzino, Strassburg 1911, p. XXVII;
  • J. M. Clapp, Jacopo Carucci da Pontormo, His Life and Work, with a Foreword by Frank Jewett Mather Jr., New Haven 1916, pp. 85, 179;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 183;
  • A. Mc Comb, Angelo Bronzino, his Life and Works, Cambridge 1928, p. 119;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 30, n. 34;
  • P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento nell'Italia meridionale, in La Pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, p. 443;
  • P. Costamagna, Pontormo, Milano 1994, p. 319, n. A109;
  • A. G. De Marchi, Dipinti e sculture dal XIV al XIX secolo, Galleria Gilberto Zabert, Torino 1994, cat. n. 5;
  • A. Bisceglia, Esperienze artistiche fuori contesto: da Pistoia al Viceregno di Napoli, in Fra' Paolino e la pittura a Pistoia nel primo '500. L'età di Savonarola, catalogo della mostra (Pistoia, Palazzo Comunale, 1996), a cura di C. D'Afflitto, F. Falletti, A. Muzzi, Venezia 1996, pp. 99-102, 105;
  • P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento a Napoli. 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, p. 86;
  • A. G. De Marchi, in Pietra dipinta. Tesori nascosti del '500 e del '600 da una collezione privata milanese, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 2000-2001), a cura di M. Bona Castellotti, Milano 2000, pp. 60-61, n. 24;
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 339;
  • R. Cannatà, Grazia, Leonardo, detto il Pistoia, in Dizionario Biografico degli Italiani, LVIII, 2002, ad vocem;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 29;
  • A. Donati, Ritratto e figura nel manierismo. Michelangelo, Daniele da Volterra e Jacopino del Conte, Rimini 2010, p. 160;
  • A. G. De Marchi, a cura di, Daniele da Volterra e la prima pietra del 'Paragone', Roma 2014, pp. 16, 36 nota 12;
  • M. Corso (a), Le opere e i giorni di Leonardo Grazia da Pistoia tra Lucca, Roma e Napoli, in "Proporzioni", I, 2018, pp. 54, 65 nota 86;
  • M. Corso (b), Eros e Thanatos, Virtus e Voluptas. Leonardo Grazia da Pistoia e i dipinti dedicati a Lucrezia, in L'Autunno della Maniera. Studi sulla pittura del Tardo Cinquecento a Roma, a cura di M. Corso, A. Ulisse, Roma 2018, pp. 23-31.