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La Fornarina

Attribuito a Raffaellino del Colle

(notizie fine sec. XV - m. 1566)

copia da Sanzio Raffaello

(Urbino 1483 - Roma 1520)

Si tratta della copia del celeberrimo ritratto di Raffaello raffigurante, secondo la tradizione, Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere – da cui la denominazione ‘Fornarina’ – conservato alla Galleria Nazionale di Palazzo Barberini a Roma. Riferita, nelle descrizioni ottocentesche, a Giulio Romano, in tempi più recenti è stata attribuita a un altro allievo del Sanzio e collaboratore del Pippi, Raffaellino del Colle.


Scheda tecnica

Inventario
355
Posizione
Datazione
prima metà del XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela applicata su tavola
Misure
cm 86 x 58,5
Provenienza

Roma, Collezione Borghese, ante 1824 (Vasi 1824); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 11. Acquisto dello Stato, 1902.

Mostre
  • 1984 Roma, Palazzo Venezia
  • 1992 Torre dei Passeri, Castello Gizzi, Casa di Dante in Abruzzo
  • 2000 Roma, Palazzo Barberini
  • 2001 Urbino, Palazzo Ducale
  • 2001/2002 Parigi, Musée du Luxembourg
  • 2002 Milano, Fondazione Arte e Cultura
  • 2002 Mamiano di Traversetolo (Parma), Fondazione Magnani Rocca
  • 2003 Ariccia (Roma), Palazzo Chigi
  • 2007 Tokyo, Sejio Togo Memorial Sompo Japan Museum of Art; Fukuyama, Fukuyama Museum of Art
  • 2008-2009 New York, The Metropolitan Museum of Art; Fort Worth, Kimbell Art Museum
Conservazione e Diagnostica
  • 1983 S. Sciuti, C. Maltese (diagnostica)
  • 1992 ABACUS di Nicoletta Naldoni e Gerlinde Tautsching
  • 1997-1998 Laura Ferretti
  • 2000 Editech, a cura di M. Seracini (diagnostica)
  • 2000 Laura Ferretti
  • 2003 ENEA (diagnostica)
  • 2019 IFAC-CNR (diagnostica) Bruker Nano Analitics (diagnostica)
  • 2020 Leonardo Severini

Scheda

Il dipinto nella Galleria Borghese è la copia del celeberrimo ritratto di Raffaello, conservato presso la Galleria Nazionale di Palazzo Barberini. La figura della giovane donna, con il capo avvolto da un prezioso e lucente panno pieghettato, a fondo giallo oro percorso da righe turchesi concluso da frange e ornato da un gioiello con rubino e perla pendente. I capelli neri, divisi al centro da una scriminatura, evidenziano il candore della carnagione. La fanciulla, seduta di tre quarti, è vestita da un leggerissimo velo trattenuto dalla mano destra, che le lascia scoperto il seno e le avvolge la vita lasciando in vista l’ombelico; sulle gambe è appoggiato un tessuto color corallo dai riflessi serici. Spicca sul braccio sinistro il famoso bracciale indossato all’antica che su fondo turchese reca a lettere dorate l’iscrizione “Raphael Urbinas”. Rispetto all’originale la copia, sostanzialmente fedele, si differenzia oltre che per il supporto, tela anziché tavola, per l’assenza dell’anello portato all’anulare sinistro in corrispondenza della seconda falange e per lo sfondo, che appare notevolmente più scuro e uniforme della tavola Barberini probabilmente a causa di una ossidazione in parte legata all’applicazione della tela su un supporto ligneo, effettuata in un secondo momento. Infatti in realtà anche la Fornarina Borghese è rappresentata davanti a un fitto cespuglio di mirto e melo cotogno, piante dal carattere simbolico perché riferite a Venere. Vicino al bordo superiore si intravedono infatti piccole porzioni di cielo, seppure di tonalità assai più scura del blu intenso presente nell’originale di Raffaello.

Per molto tempo si è ritenuta possibile una provenienza dalla collezione Aldobrandini (Della Pergola 1959; L. Mochi Onori in Raffaello 1984; A. Costamagna in Raffaello. La Fornarina 2001, pp. 25-26). Tuttavia dalle ricerche effettuate sono emerse novità in merito al momento di effettivo ingresso nella collezione Borghese, attualmente in corso di pubblicazione.

Tra le fonti, la più precoce testimonianza della presenza di una copia della Fornarina presso i Borghese è quella del Vasi del 1824 (p. 311 “sesta camera…il ritratto della Fornarina di Raffaello, egregiamente dipinto da Giulio Romano”), seguita a breve distanza di tempo da una nota a margine della biografia del pittore scritta da Quatremère de Quincy, tradotta e redatta con aggiunte da Francesco Longhena (1829), nella quale venivano ricordate le tre copie presenti “in Roma bellissime: una nella Galleria Sciarra, l’altra in casa Borghese, e la terza in possesso di un certo sig. Celli persona privata”.

Nel fidecommisso del 1833 il dipinto compare con l’attribuzione a Giulio Romano, seppure con l’erronea indicazione “in tavola”: attribuzione sostenuta da Nibby (1841) e Barbier de Montault (1870) a cui si contrappone il parere di Venturi (1893), che sposta la datazione al Seicento proponendo l’attribuzione a Sassoferrato, già avanzata da Mündler (in Burchkardt 1869) e accettata da Cantalamessa nelle sue note manoscritte al catalogo di Venturi. Differente il parere di Longhi (1928), che ritiene l’opera “eccellente”, senza alcun dubbio cinquecentesca e più verosimilmente accostabile al nome di Giulio Romano; datazione sulla quale concorda Della Pergola (1959) – che ne rileva erroneamente l’esecuzione su tavola - pur ritenendola “di mano non molto nobile”. Spetta a Hartt aver riferito per primo (1944; 1958; 1981) il dipinto a Raffaellino del Colle, ipotizzando che possa trattarsi di un’opera commissionata a Giulio Romano ma lasciata incompleta al suo collaboratore in seguito alla partenza per Mantova, attribuzione a cui ha aderito la critica più recente (Herrmann Fiore 1992; Meyer zur Capellen 2008).

All’epoca del fidecommisso, in cui è stata inserita fra i capolavori della collezione, l’opera risulta collocata per corrispondenza iconografica nella “Camera delle Veneri” del palazzo di Ripetta, ma tra il 1854 e il 1859 compare nella stanza II, insieme alle opere di Raffaello e della sua bottega a seguito del riordino della collezione per scuole pittoriche e ambiti cronologici voluto da Pietro Rosa (Mochi Onori 1984). Nel 1891, in vista della vendita della collezione allo Stato italiano, venne trasferita presso la villa Pinciana nell’allora sala X (oggi sala IX; Venturi 1893), dove è tuttora collocata insieme ai capolavori di Raffaello.

Nel 1943, durante il conflitto, l’opera è stata dapprima trasferita, con altri quadri della Galleria, a Carpegna e successivamente ricondotta a Roma e ricoverata presso la Santa Sede (Melograni 2015).

Marina Minozzi

 




Bibliografia
  • M. Vasi, Itinerario Istruttivo di Roma e delle sue vicinanze, riveduto da A. Nibby, Roma 1824, p. 311.
  • A.C. Quatremère de Quincy, Istoria della Vita e delle opere di Raffaello Sanzio da Urbino, voltata in italiano, illustrata, corretta, illustrata ed ampliata per cura di Francesco Longhena, Milano 1929, p. 329 (nota).
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma, II, p. 601.
  • E. Z. Platner et al., Beschreibung der Stadt Rom, Stuttgart 1830-42, vol. III, 1842, p. 292.
  • J. D. Passavant, Raphaël d’Urbin et son père Giovanni Santi, Paris 1860, II, p. 99.
  • E. De Toulgoët, Les Musées de Rome, Paris 1867, p. 304.
  • J. Burckhardt, A. von Zahn, Der Cicerone, 1869, pp. 810-921.
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Roma 1870, p. 350.
  • F. A. Gruyer, Raphaël peintre de Portraits, Paris 1881, p. 69.
  • J.A. Crowe, G.B. Calvalcaselle, Raphaël: His Life and Works, 1882, II, pp. 381-382 (nota).
  • A. Venturi, II Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 173, n. 355.
  • J. A., Rusconi, Il Museo e la Galleria Borghese, Bergamo 1906, p. 90.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I; La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 211, n. 355.
  • C. Gamba, Raphaël, Paris 1932, p. 112.
  • M. Göring, Sassoferrato, ad vocem, in Thieme Becker Künstler Lexikon, Berlin 1935, XXIX, p. 362.
  • F. Hartt, Raphael and Giulio Romano, with notes on the Raphael school, “The Art Bulletin”, 26, 1944, pp. 67-93, p. 93.
  • C.A. Petrucci, Catalogo generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia Nazionale, Roma 1953, pp. 28, 195, 298.
  • H. Stendhal, Passeggiate romane, 1957, I, pp. 25, 31, 41.
  • F. Hartt, Giulio Romano, 1958, I, p. 58.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, vol. II, Roma 1959, pp. 121-122, n. 172.
  • L. Dussler, Raphael. A critical catalogue of his pictures, wall-paintings and tapestries, London 1971, p. 43.
  • L. Mochi Onori, I ritratti della Fornarina, in Raphael Urbinas. Il mito della Fornarina, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, giugno-dicembre 1983) Milano 1983, p. 23.
  • C. Maltese, Resoconto sommario di analisi sematometriche e chimico fisiche non distruttive eseguite su quattro dipinti di raffaello e della sua cerchia, in Raffaello nelle raccolte Borghese, catalogo della mostra, Roma (Galleria Borghese, gennaio marzo 1984), Roma 1984, pp. 13-15, in part. p. 15.
  • L. Mochi Onori, in Raffaello nelle raccolte Borghese, catalogo della mostra, Roma (Galleria Borghese, gennaio marzo 1984), Roma 1984, pp. 62-63.
  • K. Herrmann Fiore, in Raffaello e Dante, catalogo della mostra (Torre de' Passeri, Casa di Dante in Abruzzo 1992), a cura di C. Gizzi, Milano 1992, p. 261.
  • K. Herrmann Fiore, Guida alla Galleria Borghese, Roma 1997, p. 70.
  • C. Stefani, in Galleria Borghese, 2000, p. 227.
  • A. Costamagna, La Fornarina Borghese, in Raffaello. La Fornarina, catalogo della mostra a cura di L. Mochi Onori, Roma 2000, pp. 25-26, tavv. XIIa, XIIb.
  • A. Costamagna, La Fornarina Borghese, in Raffaello. Grazia e bellezza, catalogo della mostra, a cura di P. Nitti, M. Restellini e C. Strinati, (Parigi, Musée du Luxembourg, 10 ottobre 2001-27 gennaio 2002), Milano 2001, pp. 122-123.
  • C. Labella, Donne di Roma: dall’Impero Romano al 1860. Ritrattistica romana al femminile (Palazzo Chigi in Ariccia, (30 marzo - 15 giugno 2003), Roma 2003, pp. 110-111, n. 33.
  • C. Seccaroni et al., La Fornarina. Indagini non distruttive a confronto, in Kermes, 49, XVI, gennaio-marzo 1983, pp. 64-72, in part. pp. 70-72.
  • K. Herrmann Fiore, Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 117.
  • J. Meyer zur Capellen, Raphael: a critical catalogue of his paintings, vol. III, Landshut 2008, p. 148.
  • L. Wolk-Simon, in Art and Love in Renaissance Italy, catalogo della mostra, New York, Metropolitan Museum of Art, 2008, pp. 186-187, n. 88.
  • A. Melograni, Per non ricordare invano. Il ‘Diario’ di Pasquale Rotondi e la corrispondenza con i colleghi delle Soprintendenze e la Direzione Generale delle Arti (1940-1946), in “Bollettino d’Arte”, 27, 2015, pp. 115-200, in part. pp. 137; 155;184; 196; 198.