Galleria Borghese logo
Risultati della ricerca
X
Nessun risultato :(

Consigli per la tua ricerca:

  • I risultati del motore di ricerca si aggiornano istantaneamente non appena si modifica la chiave di ricerca.
  • Se hai inserito più di una parola, prova a semplificare la ricerca scrivendone solo una, in seguito si potranno aggiungere altre parole per filtrare i risultati.
  • Ometti parole con meno di 3 caratteri, ad esempio "il", "di", "la", perché non saranno incluse nella ricerca.
  • Non è necessario inserire accenti o maiuscole.
  • La ricerca di parole, anche se scritte parzialmente, includerà anche le diverse varianti esistenti in banca dati.
  • Se la tua ricerca non produce risultati, prova a scrivere solo i primi caratteri di una parola per vedere se esiste in banca dati.

Concerto (Il furto dell’amuleto)

Honthorst Gerrit van detto Gherardo delle notti

(Utrecht 1592 - 1656)

Il Concerto è databile agli anni Venti del Seicento, in un momento successivo al rientro in patria dall’Italia dell’artista olandese Gerrit van Honthorst. Si tratta di una scena di genere che rimanda ai piaceri fugaci del bere, dell’amore e della musica, ma che sottintende anche un inganno, quello ai danni del giovane cantore derubato sia dalla giovane donna accanto a lui, che cerca di sfilargli l’orecchino, sia dall’anziana complice alle sue spalle, che infila la mano nel suo borsello. Il dipinto presenta elementi derivati dalla produzione caravaggesca, come il fascio di luce che investe i personaggi da sinistra, e la natura morta sul tavolo, omaggio alla nota Canestra di frutta di Caravaggio della Pinacoteca Ambrosiana.  

Scheda tecnica

Inventario
031
Posizione
Datazione
terzo decennio del Seicento
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 168 x 202
Cornice
Salvator Rosa cm. 159 x 221 x 10
Provenienza
Collezione Borghese, citata per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario 1833, p. 19, n. 36 (?). Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 1952 Utrecht, Central Museum; Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten
  • 1984 Philadelphia, Philadelphia Museum of Art; Berlino, Gemäldegalerie; Londra, Royal Academy of Arts
  • 1985 Roma, Palazzo Venezia
  • 2000-2001 Roma, Palazzo Barberini; Siena, Santa Maria della Scala
  • 2017-2018 Washington, Museum of the Bible
Conservazione e Diagnostica
  • 2002 Emmebi (indagini diagnostiche)

Scheda

Il Concerto di Gerrit van Honthorst raffigura un gruppo di personaggi raccolti intorno ad un tavolo, intenti a suonare e cantare. Sulla sinistra della scena, in abito rosso e cappello piumato, il musicista tiene in mano il basso di viola e accompagna il giovane uomo seduto di fronte e la ragazza in piedi accanto a lui, intenti in un duetto. La donna tiene con una mano il libro di musica e con l’altra, fingendo di accarezzare sensualmente la testa del giovane, prova a sfilargli l’orecchino, forse un piccolo amuleto, mentre la sua più anziana complice ruba furtivamente dal borsello che l’uomo sembra tenere legato in vita. La scena è dunque incentrata su un vero e proprio inganno perpetrato ai danni del giovane, ma il gesto della donna anziana, con il dito alzato verso i due cantori, sembra rimandare ad un più ampio ammonimento verso i pericoli derivanti dal coltivare sfrenatamente le passioni del bere, della musica e dell’amore lascivo. Le sembianze della donna, sdentata e con il volto rugoso, alludono alla fugacità di questo genere di divertimenti, da cui sono attratti soprattutto i giovani, e che minacciano l’esercizio della virtù. Questa interpretazione del tema musicale trova riscontro nel clima moraleggiante di stampo calvinista che caratterizza i Paesi Bassi settentrionali nel primo Seicento, e che si riflette su un filone pittorico di scene di genere che proprio in quegli anni incontra particolare diffusione. In quest’ambito, anche la musica, arte virtuosa per eccellenza, viene associata a concetti di vanità e caducità (Economopoulos 2000, p. 216). Kristina Herrmann Fiore (2003, p. 58), pur accogliendo l’interpretazione moralistica del tema come rimando alle conseguenze della vanità mondana, ritiene che il gesto della vecchia non sia un rimando a questi concetti ma piuttosto il segnale di non parlare rivolto al musicista, accortosi del furto del gioiello.

Il quadro, di provenienza incerta, non è stato finora rintracciato nei più antichi inventari noti della collezione Borghese. Paola Della Pergola (1959, p. 165) ritiene che sia identificabile con l’“opera fiamminga, largo palmi 9; alto palmi 7 ½”, citata nell’elenco fidecommissario del 1833. È possibile che il Concerto corrisponda al “Baccanale di Gherardo de Loiresse” che compare nelle ricevute dei quadri acquistati da Marcantonio IV nel 1783, circostanza che chiarirebbe la modalità del suo ingresso in collezione Borghese, ma il riferimento rimane tuttora incerto.

Secondo la ricostruzione di Jay Richard Judson (1959, p. 241; Id. 1999, pp. 209), il dipinto proviene dai discendenti dell’artista e fu venduto all’asta nel 1770 ad Amsterdam, per poi arrivare, dopo vari passaggi, nelle mani del principe Borghese tramite Giovanni de’ Rossi (su questa ricostruzione si veda anche quanto riportato da Braun, 1966, pp. 240-242).

L’attribuzione dell’opera a Gerrit van Honthorst, che come si è visto non è attestata dagli inventari, viene proposta da Giovanni Piancastelli (1891, p. 420) e Adolfo Venturi (1893, p. 47) alla fine dell’Ottocento ed è oggi generalmente accettata. L’assegnazione al pittore di Anversa Theodoor Rombouts, proposta da Giovanni Morelli (Lermolieff 1874) e ripresa da Hoogewerff (1924, p. 11) e Van Puyvelde (1950, p. 178), viene invece considerata debole già da Della Pergola (1959, p. 165), che ne esclude ogni appoggio su base stilistica, mentre individua affinità cromatiche e luministiche con altre opere di van Honthorst, quali la Buona Ventura degli Uffizi e il Gruppo musicale su un balcone del Getty Museum di Los Angeles, quest’ultimo eseguito nel 1622.

Tali considerazioni sono al centro anche della dibattuta cronologia dell’opera, ritenuta dapprima riconducibile al soggiorno in Italia dell’artista, che ebbe luogo tra il 1610 circa e il 1620, ma in seguito postdatata e considerata degli anni successivi al suo rientro in patria.

Judson (1959, cit.; Id. 1999, cit.) ritiene il dipinto databile tra il 1626 e il 1627, mentre Braun (cit.) propone una cronologia ancora più avanzata, al 1630. Gli elementi maggiormente a sostegno di queste proposte derivano non solo dall’interpretazione moralistica della scena, di cui si è detto, ma anche dall’analisi cromatico-luministica del dipinto; i toni sono infatti più freddi rispetto alle opere eseguite in Italia, in particolare a Roma, dove il pittore risente da vicino dell’influsso caravaggesco, e la luce, nonostante sia resa tradizionalmente nei modi del Merisi, come un fascio diretto proveniente da sinistra, non si risolve in quella drammaticità del contrasto luce-ombra che l’artista aveva sperimentato proprio negli anni romani (Economopoulos, cit.). 

Questi aspetti nel loro insieme inducono a ritenere convincente una datazione dell’opera posteriore al ritorno in patria, negli anni Venti del Seicento.

La lezione del Caravaggio, seppur smorzata in alcuni esiti, appare ben viva nell’opera dell’artista olandese, e si riscontra non solo nel fascio di luce che investe da sinistra i due cantori, con particolare risalto della veste gialla dell’uomo, ma anche nella tecnica, in cui si nota l’uso della preparazione grigia, tipica della produzione giovanile del Merisi. Infine, la natura morta che l’artista inserisce sulla tavola, colpita anch’essa dal fascio di luce, appare un evidente omaggio alla celebre Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana.  

Una replica di questo dipinto si trova presso il Museo de Bellas Artes di Caracas.

    Pier Ludovico Puddu


Bibliografia
  • I. Lermolieff (Giovanni Morelli), Die Galerien Roms. Ein Kritischer Verssuch, I, Die Galerie Borghese aus dem Russischen übersetzt von Johannes Schwarze, in “Zeitschrift für bildende Kunst”, IX, 1874.
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 420.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 47.
  • G.J. Hoogewerff, Gherardo delle Notti, Roma 1924, p. 11.
  • E. Benkard, Caravaggio, Studien, Berlin-Wilmersdorf 1928, p. 183, n. 50.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 179.
  • A. von Schneider, Caravaggio und die Niederländer, Marburg-Lahn 1933, pp. 2, 24, 135, 168, 202.
  • G. Isarlo, Caravage et le Caravagisme européen, Aix-en-Provence 1941, II, p. 158.
  • E. Sestieri, Catalogo della Galleria ex Fidecommissaria Doria Pamphili, Roma 1942, p. 245.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese, Roma 1948, p. 23.
  • L. Van Puyvelde, La Peinture Flamande à Rome, Bruxelles 1950, p. 178.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, (“Itinerari dei musei e monumenti d’Italia”), Roma 1951, p. 22.
  • Caravaggio en de Nederlanden, catalogo della mostra (Utrecht, Central Museum; Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, 1952), a cura di, Utrecht 1952, I, p. 29, n. 41.
  • H. Gerson, Die Ausstellung “Caravaggio und die Niederlände”, in “Kunstchronik”, V, 1952, p. 289.
  • R. Longhi, Caravaggio en de Nederlanden. Catalogus, Utrecht-Antwerpen, in “Paragone. Arte”, XXXIII, 1952, p. 56.
  • B. Nicolson, Caravaggio and the Netherlands, in “The Burlington Magazine”, XCIV, 1952, p. 251.
  • L. Ferrara, Galleria Borghese, Novara 1956, p. 138.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 165, n. 238.
  • J.R. Judson, Gerrit van Honthorst, a discussion of his position in Dutch Art, (“Utrechtse bijdragen tot de kunstgeschiedenis”), Den Haag 1959, pp. 241-242, n. 190.
  • H. Braun, Gerard und Willem van Honthorst, Dissertation Universität Göttingen, Göttingen 1966, pp. 240-242, n. 96.
  • C. Brown, in Masters of seventeenth century Dutch Genre Painting, catalogo della mostra (Philadelphia, Philadelphia Museum of Art; Berlino, Gemäldegalerie; Londra, Royal Academy of Arts, 1984), a cura di P.C. Sutton, Philadelphia 1984, n. 49.
  • B. Nicolson, Caravaggism in Europe, Torino 1990, II, p. 148, n. 633.
  • J.R. Judson, scheda in J.R. Judson, R.E.O. Ekkart, Gerrit Van Honthorst: 1592-1656, (“Aetas aurea”, XIV), Doornspijk 1999, pp. 209-210, n. 274. 
  • H. Economopoulos, scheda in Colori della musica: dipinti, strumenti e concerti tra Cinquecento e Seicento, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, 2000-2001; Siena, Santa Maria della Scala, 2001), a cura di A. Bini, C. Strinati, R. Vodret, Ginevra 2000, p. 216, n. 48.
  • C. Stefani, scheda in Moreno P., Stefani C., Galleria Borghese, Milano 2000, p. 307, n. 20.
  • K. Herrmann Fiore, scheda in Degustazioni d’arte. Enologia mitica, spirituale, simbolica e metafisica nelle collezioni pubbliche di Roma, a cura di C. Biasini Selvaggi, Roma 2003, pp.  58-59.
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 16.
  • P. Cottrell, scheda in The Living Dead. Ecclesiastes through Art, catalogo della mostra (Washington, Museum of Bible, 2017-2018), a cura di C. Ricasoli, Paderborn 2018, pp. 192-195, n. IV.4.