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Ritratto di Tito

Della Porta Giovanni Battista e bottega

(Porlezza 1542 ca. - Roma 1597)

Il busto, che ritrae Tito Flavio Cesare Vespasiano, fa parte di una serie di dodici ritratti imperiali moderni pervenuti nella raccolta Borghese con l’acquisto della collezione di Giovanni Battista della Porta nel 1609. La vicinanza stilistica con le altre opere – soprattutto ritratti – prodotte dallo scultore e collezionista lombardo ha portato la critica ad attribuirgliene l’esecuzione, con una datazione all’ultimo quarto del Cinquecento.
Il busto riproduce nei tratti salienti – capigliatura, rughe ed espressione – il volto dell’imperatore così come ci è noto da alcuni ritratti antichi e dalla sua monetazione. L’esecuzione di queste serie era iniziata nel Rinascimento per soddisfare le richieste di nobili committenti che usavano esporre immagini di uomini illustri del passato nei saloni delle loro dimore, ed era ancora ampiamente in voga alla fine del Settecento, quando per i dodici busti fu ideata l’attuale collocazione nelle nicchie ricavate nella parte superiore delle pareti del salone d’ingresso.


Scheda tecnica

Inventario
LIIIl
Posizione
Datazione
ultimo quarto del XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
marmo statuario e marmo africano
Misure
altezza 78 cm
Conservazione e Diagnostica
  • 1996 Sandra Anahi Varca
  • 1997 CBC Coop. a r.l.

Scheda

L’imperatore Tito Flavio Cesare Vespasiano (79-81) ha il viso rivolto a sinistra incorniciato da una capigliatura che presenta ciocche pettinate in avanti sulle tempie e sulla fronte, e movimentate da riccioli definiti con colpi di trapano. La fronte è solcata da rughe orizzontali e da due piccole pieghe verticali sopra il naso a indicare una contrazione delle sopracciglia, uno dei tratti immancabili dell’iconografia di questo imperatore. Gli occhi ben delineati e con le palpebre leggermente cadenti, hanno incise iride e pupilla. Bocca, naso e mento sono riprodotti in maniera convenzionale, secondo uno schema che li vuole tutti della stessa larghezza, che troviamo in altri ritratti della serie. Un lieve doppio mento e un collo massiccio completano la testa, che è inserita in un busto raffigurante un paludamento che avvolge la spalla destra, sulla quale è anche risvoltato, ed è fissato sulla sinistra con una fibula circolare umbonata. Al di sotto si intravedono la corazza e la tunica.

Il ritratto fa parte, insieme ad altri undici esemplari, della serie denominata dei "Dodici Cesari", comprendente i personaggi narrati da Svetonio e appartenente alla collezione di sculture di Giovan Battista della Porta, che l'artista lasciò in eredità ai fratelli Tommaso e Giovan Paolo. Quest'ultimo, nell’ottobre del 1609, li vendette – insieme all’intera raccolta – a Paolo V che li acquistò per conto di Giovanni Battista Borghese. I busti vennero trasferiti prima nel Palazzo Borghese (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 7923, f. 121v-122r, in Faldi 1954, p. 51, doc II) e, dal 1615, posti nel salone d'ingresso della Villa Pinciana sopra sgabelloni di noce intagliati da Giovanni Battista Soria (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 4173, 12 agosto 1615, Conto di lavori di legname fatti da G.B. Soria per la villa di Porta Pinciana, in Faldi 1954, p. 51, doc. III).

Faldi scrive che alla serie erano uniti altri due busti, di Scipione Africano e Annibale Cartaginese, non compresi nella raccolta iniziale e dispersi dopo il riordino della collezione avvenuto nell’ultimo quarto del Settecento, quando i 12 busti furono spostati all’interno di nicchie nelle pareti dello stesso salone di ingresso (1954, p. 50).

Confusi dal Baglione (Le vite, 1642, p. 74) con la serie venduta nel 1562 da Tommaso della Porta il Vecchio al Cardinale Alessandro Farnese (conservata nella Galleria di Palazzo Farnese a Roma), sono stati ritenuti dal Faldi opera autografa di Giovanni Battista, non solo sulla scorta delle notizie documentali, ma anche per il confronto con opere certe dell'artista, la cui fredda e archeologizzante maniera risulta qui applicata a una generica imitazione di modelli antichi (Faldi 1954, p. 50).

Tra le teste si osservano difformità stilistiche: per alcune di esse, che hanno gli occhi dotati di iride e di pupilla incisa ad archetto e la superficie del volto ben levigata e compatta, l’autografia appare coerente con il resto della produzione di Giovanni Battista Della Porta, mentre in un altro gruppo, composto da ritratti dagli occhi grandi e privi di iride e pupilla e differenti tra loro per la resa della capigliatura, l’intervento dello scultore lombardo potrebbe consistere più probabilmente in una rilavorazione e un adattamento di parti di riuso. La ripetizione di tratti fisiognomici e dei busti panneggiati in diversi esemplari della serie descrive, inoltre, una modalità esecutiva seriale all’interno della bottega Della Porta.

     

Sonja Felici




Bibliografia