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Ritratto di Tito

ambito romano


Appartenente a una serie di sedici busti conservati nel palazzo di famiglia in Campo Marzio ed esposti dall’Ottocento nella Villa Pinciana, il busto ritrae l’imperatore Tito, riproducendone la fisionomia tramandata dalla ritrattistica antica. Il volto, squadrato, è incorniciato dalla capigliatura a piccole ciocche sulla fronte solcata da profonde rughe. Le sopracciglia arcuate conferiscono al ritratto un’espressione volitiva, il naso è grande e le labbra carnose. Il paludamento in alabastro avvolge il busto passando sotto l’ascella destra ed è fermato sulla spalla sinistra con una fibula circolare.


Scheda tecnica

Inventario
CXXXXIV
Posizione
Datazione
XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
porfido e alabastro orientale
Misure
altezza 95 cm
Provenienza
Inserito tra il 1674 e il 1676 nella decorazione della Galleria del Palazzo Borghese in Campo Marzio (H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20). Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C, p. 49, n. 111. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 1995/1996 C.B.C. Coop. a.r.l.
Conservazione e Diagnostica
  • 1995/1996 C.B.C. Coop. a.r.l.

Scheda

L’imperatore Tito Flavio Cesare Vespasiano (79-81) ha il viso squadrato, rivolto leggermente verso sinistra, incorniciato da una capigliatura che presenta lunghe ciocche pettinate all’indietro sulle tempie, e ciocche più corte pettinate in avanti sulla fronte. Quest’ultima è solcata orizzontalmente da profonde rughe. Le sopracciglia, molto arcuate verso l’esterno dell’occhio, conferiscono allo sguardo un’espressione volitiva. Gli occhi sono sottolineati da occhiaie evidenti, dal naso, importante e dall’attaccatura bassa, da cui dipartono brevi pieghe naso-labiali. Le labbra sono carnose, il mento, sporgente e attraversato da una fossetta, è sottolineato dal doppio mento. I tratti somatici corrispondono alla fisionomia dell’imperatore nota attraverso i ritratti antichi giunti fino a noi.

Il busto riproduce un paludamentum avvolto sotto il braccio destro e appuntato sulla spalla sinistra con una fibula tonda, sotto il quale sono la lorica musculata e la tunica.

L’opera fa parte di una serie di sedici busti in porfido e alabastro provenienti dal Palazzo Borghese in Campo Marzio: riproducenti i Dodici Cesari narrati da Svetonio con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito, erano collocati all’interno delle nicchie della galleria e circondati da una decorazione con rilievi in stucco raffiguranti episodi salienti della vita di ciascuno e personificazioni delle rispettive virtù, eseguita da Cosimo Fancelli tra il 1674 e il 1676 (Hibbard 1962). In tale collocazione la serie è documentata fino al 1830 (Nibby, p. 360), per poi figurare tra le opere esposte nella sala IV della Villa Pinciana nel 1832 (Nibby 1832, p. 96), con una diversa composizione e l’aggiunta di un altro Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore.

Stando ai documenti conservati nell’Archivio Borghese la serie era composta, come detto, dai “Dodici Cesari” con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito (ASV, AB, b. 5688, n. 15, pubblicati in Hibbard 1962, appendice, doc. I, pp. 19-20). Nel 1830 Nibby li identifica – ancora in Campo Marzio – come “16 busti con teste di porfido, rappresentanti i 12 Cesari e 4 consoli”, e due anni dopo quando ormai sono esposti lungo le pareti della sala IV, li elenca come Traiano, Galba, Claudio, Otone, Vespasiano (2 esemplari), Scipione Africano, Agrippa, Augusto, Vitellio (2 esemplari), Tito, Nerone, Cicerone, Domiziano, Vespasiano, Caligola e Tiberio. Se l’ultima citazione – comprendente anche il secondo Vespasiano di Tommaso Fedeli – è quella che corrisponde allo stato attuale della serie (e trova conferma nell’Inventario Fidecommissario del 1833), resta difficile comprendere che fine abbiano fatto i ritratti di Cesare, Tito e Nerva, presenti nel 1674-76 e non più rintracciabili nella serie attuale, chi fosse il quarto console indicato da Nibby nel 1830, dal momento che oggi ve ne sono solo tre (Agrippa, Cicerone e Scipione Africano) e quale sia la provenienza di questi ultimi. Appare quindi ipotizzabile che i busti utilizzati nella galleria – già presenti nel Palazzo Borghese – non corrispondessero ai personaggi previsti nel programma iconografico della volta e che questa difformità abbia in seguito complicato l’identificazione dei ritratti. A sostegno di questa ipotesi è anche la datazione dell’insieme, che la critica è concorde nel ritenere eseguito contemporaneamente nel XVII secolo (Faldi 1954, pp. 16-17; Della Pergola, 1974; Moreno, C. Stefani,2000, p. 129; Del Bufalo 2018, p. 116).

     

Sonja Felici




Bibliografia
  • P. de’ Sebastiani, Viaggio curioso de’ palazzi e ville più notabili di Roma, Roma 1683, p. 26.
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  • R. Venuti, Accurata, e succinta descrizione topografica, e istorica di Roma moderna, Roma 1766, p. 170.
  • M. Vasi, Itinerario istruttivo di Roma e delle sue adiacenze, Roma 1794, I, p. 392.
  • C. Fea, Nuova descrizione di Roma antica e moderna e de’ suoi contorni, sue rarità specialmente dopo le nuove scoperte cogli scavi: arricchita delle vedute più interessanti, Roma 1820, II, p. 481.
  • A. Nibby, Itinerario di Roma e delle sue vicinanze, vol. 2, Roma 1830, p. 360.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 95.
  • A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII. Parte seconda moderna, Roma 1841, pp. 919-920.
  • Beschreibung der Stadt Rom, a cura di E. Z. Platner, III, 3, Stuttgart-Tübingen 1842, p. 249.
  • E. Pistolesi, Descrizione di Roma e suoi contorni, Roma, Gallarini, 1852, p. 385.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano del Palazzo della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), I, p. 19.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 33-34.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 13.
  • A. De Rinaldis, Arte decorativa nella Galleria Borghese, in “Rassegna della Istruzione artistica”, 10-11-12, 1935, pp. 311-319, in part. p. 318.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese in Roma, Roma 1948, p. 25.
  • P. Della Pergola, La galleria Borghese in Roma, Roma 1951, pp. 14-15.
  • I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture dal sec. XVI al XIX, Roma 1954, pp. 16-17, cat. 11, fig. 11q.
  • H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20.
  • Le collezioni della Galleria Borghese, a cura di S. Staccioli, P. Moreno, Milano 1981, p. 103.
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  • D. Di Castro Moscati, Il porfido rosso antico, una esclusività romana, in “Gazzetta antiquaria”, 1, 1987, pp. 42-48.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371.
  • E. Fumagalli, Palazzo Borghese: committenza e decorazione privata, Roma 1994.
  • Galleria Borghese, a cura di A. Coliva, Roma 1994, p. 15.
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  • D. Batorska, Designs for the Galleria in Palazzo Borghese in Rome: new proposals, in “Paragone”, 48, 1997(1998), pp. 26-45.
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  • E. Rosso, in Divus Vespasianus: il bimillenario dei Flavi, catalogo della mostra (Roma, Colosseo, Curia e Criptoportico "neroniano" 2009-2010), a cura di F. Coarelli, F.P. Arata, Milano 2009, pp. 415 cat. 11.
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  • V. Curzi, Allestimenti di dimore romane tra Seicento e Settecento: un itinerario nella tradizione classicista dell’Urbe, in Il capitale culturale, Supplementi 8 (2018), pp. 301-316, in part. 305-306.
  • D. Del Bufalo, Porphyry. Red imperial porphyry. Power and religion, Torino 2018, p. 116, n. H79.
  • Scheda di catalogo 12/01008645, S. Pellizzari 1983; aggiornamento S. Felici 2020.