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Ritratto di Vitellio

Della Porta Giovanni Battista

(Porlezza 1542 ca. - Roma 1597)

Il busto riproduce le fattezze del cosiddetto “Vitellio”, un ritratto di ignoto risalente all’inizio del II secolo che dal Cinquecento è stato erroneamente identificato con l’imperatore che regnò per meno di un anno nel 69 d.C. Il volto, girato a sinistra, ha le guance piene e il doppio mento, tratti somatici che erano stati visti da eruditi e artisti del Rinascimento come conseguenze della vita dedita ai piaceri della tavola e del vino che le biografie antiche attribuivano a Vitellio.
L’opera fa parte di una serie denominata dei "Dodici Cesari" proveniente dalla collezione di sculture di Giovan Battista della Porta, acquistata nel 1609 da Paolo V per conto di Giovanni Battista Borghese e dalla fine del Settecento collocati nelle nicchie delle pareti del Salone d’ingresso alla Villa Pinciana. Le caratteristiche stilistiche dei busti hanno portato la critica ad attribuire la realizzazione della serie allo stesso Giovan Battista della Porta, con una datazione all’ultimo quarto del Cinquecento.


Scheda tecnica

Inventario
LIIIa
Posizione
Datazione
XVI secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
marmo statuario e bigio morato
Misure
altezza 78 cm
Provenienza
Collezione di Giovan Battista della Porta, acquisto di Paolo V Borghese, 1609 (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 24, n. 37, pp. 13 ss. e 456). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 43, n. 33. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • 1996 Sandra Anahi Varca
  • 1997 CBC Coop. a r.l.

Scheda

Il personaggio è rivolto a sinistra, il volto si caratterizza per le forme piene, le guance cadenti e il collo taurino, gli occhi hanno l’iride incisa; indossa un paludamentum fissato sulla spalla sinistra da una fibula, da cui si intravede la tunica sottostante. Il panneggio riproduce le pieghe lineari e schiacciate presenti in altri busti della serie. L’opera deriva dal cosiddetto “Vitellio” del Museo Archeologico di Venezia, ritratto di un ignoto di epoca adrianea identificato erroneamente fin dal Cinquecento con l’imperatore che regnò nel 69 d.C., in virtù di una certa somiglianza con il profilo impresso sulle sue monete e della descrizione, che ne dava Svetonio, di uomo dedito ai piaceri della tavola e al vino (“erat enim in eo enormis proceritas, facies rubida plerumque ex vinulentia, venter obesus, alterum ferum sub debile impulsu olim quadrigae, cum auriganti Gaio ministratore exhiberet”, Vit., VII, 17). Il prototipo scultoreo, rinvenuto dal Cardinale Grimani a Roma nei pressi del colle del Quirinale e donato alla Serenissima nel 1523, godette immediatamente di una grande ammirazione fra gli artisti, come testimoniato dalle numerose copie che ne furono eseguite in bronzo, marmo, terracotta e pittura nei secoli successivi (J.R. Gaborit 2000, p. 298). Nel volto risultano evidenti una rigidezza dei tratti, una resa piuttosto convenzionale della capigliatura e degli occhi, incisi e privi di profondità, e della bocca, laddove nel prototipo veneziano e nelle sue repliche migliori la capigliatura è movimentata, l’arcata sopracciliare proietta un’ombra sugli occhi conferendo carattere allo sguardo, e le labbra sono volitivamente serrate restituendo un’immagine viva del personaggio ritratto. Il busto fa parte, insieme ad altri undici esemplari, della serie denominata dei "Dodici Cesari", comprendente i personaggi narrati da Svetonio e appartenente alla collezione di sculture di Giovan Battista della Porta, che l'artista lasciò in eredità ai fratelli Tommaso e Giovan Paolo. Quest'ultimo, nell’ottobre del 1609, li vendette – insieme all’intera raccolta – a Paolo V che li acquistò per conto di Giovanni Battista Borghese. I busti vennero trasferiti prima nel Palazzo Borghese (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 7923, f. 121v-122r, in Faldi 1954, p. 51, doc II) e, dal 1615, posti nel salone d'ingresso della Villa Pinciana sopra sgabelloni di noce intagliati da Giovanni Battista Soria (Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, 4173, 12 agosto 1615, Conto di lavori di legname fatti da G.B. Soria per la villa di Porta Pinciana, in Faldi 1954, p. 51, doc. III). Faldi scrive che alla serie erano uniti altri due busti, di Scipione Africano e Annibale Cartaginese, non compresi nella raccolta iniziale e dispersi dopo il riordino della collezione avvenuto nell’ultimo quarto del Settecento, quando i 12 busti furono spostati all’interno di nicchie nelle pareti dello stesso salone di ingresso (1954, p. 50). Confusi dal Baglione (Le vite, 1642, p. 74) con la serie venduta nel 1562 da Tommaso della Porta il Vecchio al Cardinale Alessandro Farnese (conservata nella Galleria di Palazzo Farnese a Roma), sono stati ritenuti dal Faldi opera autografa di Giovanni Battista, non solo sulla scorta delle notizie documentali, ma anche per il confronto con opere certe dell'artista, la cui fredda e archeologizzante maniera risulta qui applicata a una generica imitazione di modelli antichi (Faldi 1954, p. 50). I ritratti presentano tra loro difformità stilistiche: per alcuni di essi, che hanno gli occhi dotati di iride e di pupilla incisa ad archetto e la superficie del volto ben levigata e compatta – come il presente ritratto di Vitellio –, l’autografia appare coerente con il resto della produzione di Giovanni Battista Della Porta, mentre in un altro gruppo, composto da ritratti dagli occhi grandi e privi di iride e pupilla e differenti tra loro per la resa della capigliatura, l’intervento dello scultore lombardo potrebbe consistere più probabilmente in una rilavorazione e un adattamento di parti di riuso. La ripetizione di tratti fisiognomici e dei busti panneggiati in diversi esemplari dell’insieme descrive, inoltre, una modalità esecutiva seriale all’interno della bottega Della Porta.      

Sonja Felici




Bibliografia