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Annunciazione

Barocci Federico

(Urbino 1535 ca. - 1612)

derivazione da Barocci Federico

(Urbino 1535 ca. - 1612)

Il quadro figura nella collezione Borghese già alla fine del Seicento, essendo elencato nell’inventario del 1693 come di autore incognito. Giudicata una debole derivazione da un’opera di Federico Barocci, la critica ha ricondotto questa Annunciazione ad un seguace del maestro, verosimilmente collocabile nell’ambito culturale senese intorno alla fine del Cinquecento.

 

 


Scheda tecnica

Inventario
380
Posizione
Datazione
fine ‘500
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 48 x 55
Cornice

Salvator Rosa cm. 63,5 x 66 x 6,5

Provenienza

Collezione Borghese, citato nell’Inv., 1693, St. II, n. 47; Inv., 1790, St. II, n. 45; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 18, n. 44. Acquisto dello Stato, 1902.

 


Scheda

Documentato in collezione Borghese fin dal Seicento, il dipinto, di provenienza ignota, è così elencato nell’inventario del 1693: “Un quadro di palmi due incirca con l’Annuntiata del n. 510 con cornice dorata. Incerto [autore]”. La corrispondenza dell’opera con questa sommaria descrizione è confermata dalla presenza del numero 510, ancora leggibile nell’angolo in basso a destra. La tela è menzionata come opera di Federico Barocci nell’inventario del 1790 circa, mentre in quello fidecommissario del 1833 è declassata a “maniera del Barocci”. Adolfo Venturi (1893, p. 185) ha proposto il nome di Benedetto Luti, rifiutato dalla critica (Moschini 1923, p. 123) in favore di un manierista influenzato dal maestro urbinate (Longhi 1928, p. 215; Della Pergola 1959, p. 71). Senza dubbio il quadro è rapportabile ai modi del Barocci pur mostrando una qualità pittorica nettamente inferiore. Si tratta con ogni probabilità di una derivazione dalla celebre Annunciazione della Pinacoteca Vaticana, oggetto di frequenti rielaborazioni da parte dei seguaci del maestro, ripresa liberamente con evidenti variazioni nella composizione. Appare dunque convincente l’attribuzione avanzata da Kristina Herrmann Fiore (2006, p. 126), secondo la quale la tela Borghese è stilisticamente riconducibile ad un seguace di ambito senese e databile alla fine del Cinquecento.

 

Pier Ludovico Puddu

 




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 329.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 185.
  • G. Cantalamessa, Note manoscritte al Catalogo di A. Venturi del 1893, Arch. Gall. Borghese, 1911-1912, n. 380.
  • V. Moschini, Benedetto Luti, in “L’Arte”, XXVI, 1923, p. 113.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 215.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 71, n. 103.
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 126.