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Ritratto di Cicerone

ambito romano


Il busto in porfido e alabastro riproduce le fattezze di Marco Tullio Cicerone, che vi risulta ritratto in età matura. Il volto solcato da rughe e lo sguardo concentrato ben aderiscono alla personalità dell’oratore così come ci è nota dai racconti dei contemporanei e dall’iconografia antica. All’attenta caratterizzazione del volto non corrisponde una altrettanto precisa definizione del busto, che presenta incertezze nelle pieghe della toga.

Il ritratto di Cicerone risulta documentato per la prima volta nel 1832 nella sala IV della Villa Pinciana, dove è esposto insieme ad altri sedici busti di imperatori e consoli romani eseguiti con gli stessi materiali e di misure simili a formare un’unica serie. Per tutti la critica ha proposto una datazione al XVII secolo.


Scheda tecnica

Inventario
CXXXXVIII
Posizione
Datazione
XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
porfido e alabastro orientale
Misure
altezza 94 cm
Provenienza
Inserito tra il 1674 e il 1676 nella decorazione della Galleria del Palazzo Borghese in Campo Marzio (H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, p. 11 n. 12). Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C, p. 49, n. 111. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • 1995/ 1996 C.B.C. Coop. a.r.l.

Scheda

Il filosofo e oratore romano Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) è rappresentato con la testa rivolta a sinistra. I capelli, pettinati verso destra, lasciano ampiamente scoperta la fronte solcata da rughe e con le sopracciglia contratte. I segni del tempo e dell’espressione sono evidenti anche ai lati degli occhi e nelle guance. Ne risulta il ritratto di un uomo di età matura e dalla forte personalità, perfettamente corrispondente alla figura storica di Cicerone e ai vari ritratti che ce ne sono giunti dall’antichità.

Il busto in alabastro riproduce una toga contabulata, ossia indossata con il lembo anteriore avvolto intorno al torace piuttosto che lasciato scendere verso il basso. Una scelta puramente evocativa dell’antico e priva di accuratezza filologica, dal momento che si tratta di un indumento in uso tra i romani solo in epoca tardo imperiale. Sulla spalla destra è presente un’incisione rettilinea poco profonda non riferibile in alcun modo all’andamento del panneggio.

L’opera è esposta nella sala IV della Galleria Borghese insieme ad altri 15 busti in porfido e alabastro provenienti dal Palazzo di famiglia in Campo Marzio, dove erano collocati nella Galleria all’interno di una decorazione in stucco eseguita da Cosimo Fancelli tra il 1674 e il 1676. Stando ai documenti conservati nell’Archivio Borghese la serie era composta dai “Dodici Cesari” con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito (ASV, AB, b. 5688, n. 15, pubblicati in Hibbard 1962, appendice, doc. I, pp. 19-20). Nel 1830 Nibby li identifica– ancora in Campo Marzio – come “16 busti con teste di porfido, rappresentanti i 12 Cesari e 4 consoli”, e due anni dopo, quando ormai sono esposti lungo le pareti della sala IV, li elenca come Traiano, Galba, Claudio, Otone, Vespasiano (2 esemplari), Scipione Africano, Agrippa, Augusto, Vitellio (2 esemplari), Tito, Nerone, Cicerone, Domiziano, Vespasiano, Caligola e Tiberio. Se l’ultima citazione – comprendente anche un secondo Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore – è quella che corrisponde allo stato attuale della serie (e trova conferma nell’Inventario Fidecommissario del 1833), resta difficile determinare che fine abbiano fatto i ritratti di Cesare, Tito e Nerva, presenti nel 1674-76 e non più rintracciabili nella serie attuale, chi fosse il quarto console indicato da Nibby nel 1830, dal momento che oggi ve ne sono solo tre (Agrippa, Cicerone e Scipione Africano) e quale sia la provenienza di questi ultimi. Appare quindi ipotizzabile che i busti utilizzati nella galleria – già presenti nel Palazzo Borghese – non corrispondessero ai personaggi previsti nel programma iconografico della volta e che da questa difformità possano essere derivati i successivi errori di identificazione delle fonti. In tale scenario il busto di Cicerone (o quello di Scipione Africano), ipotizza Hibbard, potrebbe essere stato utilizzato al posto di quello di Nerva (1962, p. 11 n. 12). In accordo con queste possibili sostituzioni è anche la datazione dell’insieme, che la critica è concorde nel ritenere eseguito contemporaneamente, nel XVII secolo (Faldi 1954, pp. 16-17; Della Pergola, 1974; Moreno, C. Stefani,2000, p. 129; Del Bufalo 2018, p. 116).

      Sonja Felici


Bibliografia
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  • F. de’ Ficoroni, Le singolarità di Roma moderna, Roma 1744, p. 51.
  • G. Roisecco, Roma antica e moderna, Roma 1750, II, p. 109.
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  • M. Vasi, Itinerario istruttivo di Roma e delle sue adiacenze, Roma 1794, I, p. 392.
  • C. Fea, Nuova descrizione di Roma antica e moderna e de’ suoi contorni, sue rarità specialmente dopo le nuove scoperte cogli scavi: arricchita delle vedute più interessanti, Roma 1820, II, p. 481.
  • A. Nibby, Itinerariodi Roma e delle sue vicinanze, vol. 2, Roma 1830, p. 360.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, pp. 95-96.
  • A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII. Parte seconda moderna, Roma 1841, pp. 919-920.
  • Beschreibung der Stadt Rom, a cura di E. Z. Platner, III, 3, Stuttgart-Tübingen 1842, p. 249.
  • E. Pistolesi, Descrizione di Roma e suoi contorni, Roma, Gallarini, 1852, p. 385.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano del Palazzo della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), I, p. 19.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 33-34.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 13.
  • A. De Rinaldis, Arte decorativa nella Galleria Borghese, in “Rassegna della Istruzione artistica”, 10-11-12, 1935, pp. 311-319, in part. p. 318.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese in Roma, Roma 1948, p. 25.
  • P. Della Pergola, La galleria Borghese in Roma, Roma 1951, pp. 14-15.
  • I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture dal sec. XVI al XIX, Roma 1954, pp. 16-17, cat. 11, fig. 11a.
  • H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20.
  • Le collezioni della Galleria Borghese, a cura di S. Staccioli, P. Moreno, Milano 1981, p. 103.
  • K. Fittschen, Sul ruolo del ritratto antico nell’arte italiana, in Memoria dell’antico nell’arte italiana, II, I generi e i temi ritrovati, a cura di S. Settis, Torino 1985, pp. 383-412.
  • D. Di Castro Moscati, Il porfido rosso antico, una esclusività romana, in “Gazzetta antiquaria”, 1, 1987, pp. 42-48.
  • E. Fumagalli, Palazzo Borghese: committenza e decorazione privata, Roma 1994.
  • Galleria Borghese, a cura di A. Coliva, Roma 1994, p. 15.
  • Guida alla Galleria Borghese, a cura di K. Herrmann Fiore, Roma 1997, p. 43.
  • D. Batorska, Designs for the Galleria in Palazzo Borghese in Rome: new proposals, in “Paragone”, 48, 1997(1998), pp. 26-45.
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  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 129, fig. 2.
  • V. Curzi, Allestimenti di dimore romane tra Seicento e Settecento: un itinerario nella tradizione classicista dell’Urbe, in Il capitale culturale, Supplementi 8 (2018), pp. 301-316, in part. 305-306.
  • D. Del Bufalo, Porphyry. Red imperial porphyry. Power and religion, Torino 2018, p. 116, n. H79.
  • Scheda di catalogo 12/01008647, S. Pellizzari1983; aggiornamento S. Felici 2020.