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Ritratto di Augusto

ambito romano


Il busto ritrae il primo imperatore con indosso la corazza anatomica e il paludamento. Nel volto sono i prodotti i tratti “iconici” di Augusto: la fronte orlata dalle ciocche della capigliatura, il viso sottile, lo sguardo volitivo.

Compreso in una serie di sedici busti conservati dall’ultimo quarto del Seicento nel Palazzo Borghese in Campo Marzio, è esposto dal 1832 nella sala IV della Villa Pinciana, insieme alla maggior parte delle opere eseguite in pietre policrome, secondo una scelta allestitiva voluta da Giuseppe Gozzani, amministratore del patrimonio di Camillo Borghese.

Ignoto il nome dell’autore del ritratto, che viene datato dalla critica al XVII secolo.


Scheda tecnica

Inventario
CXXXIX
Posizione
Datazione
XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
porfido e alabastro orientale
Misure
altezza 90 cm
Provenienza
Inserito tra il 1674 e il 1676 nella decorazione della Galleria del Palazzo Borghese in Campo Marzio (H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20). Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C, p. 49, n. 111. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • 1995/1996 C.B.C. Coop. a.r.l.

Scheda

I tratti del volto individuano chiaramente il personaggio in Ottaviano Augusto: i capelli che terminano sulla fronte in ciocche che si dispongono nel tipico motivo della tenaglia e della forbice, il viso che si assottiglia verso il mento, il naso regolare e gli occhi dallo sguardo reso volitivo dalle sopracciglia contratte sono elementi ricorrenti nell’iconografia del primo imperatore. La levigatezza del volto giovanile di Augusto – che volle essere ritratto come tale anche quando ormai era anziano (Zanker, 2013, pp. 153-159) – trova qui perfetta espressione nella lucida superficie del porfido e un netto contrasto nella mancanza di definizione della capigliatura.

L’imperatore indossa la lorica (corazza leggera) sulla quale a sinistra tiene appuntato con una fibula circolare il paludamentum (mantello militare) raccolto in grosse pieghe.

L’opera fa parte di una serie di sedici busti in porfido e alabastro provenienti dal Palazzo Borghese in Campo Marzio: riproducenti i Dodici Cesari narrati da Svetonio con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito, erano collocati all’interno delle nicchie della galleria e circondati da una decorazione con rilievi in stucco raffiguranti episodi salienti della vita di ciascuno e personificazioni delle rispettive virtù, eseguita da Cosimo Fancelli tra il 1674 e il 1676 (Hibbard 1962). In tale collocazione la serie è documentata fino al 1830 (Nibby, p. 360), per poi figurare tra le opere esposte nella sala IV della Villa Pinciana nel 1832 (Nibby 1832, p. 96), con una diversa composizione e l’aggiunta di un altro Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore.

Stando ai documenti conservati nell’Archivio Borghese la serie era composta, come detto, dai “Dodici Cesari” con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito (ASV, AB, b. 5688, n. 15, pubblicati in Hibbard 1962, appendice, doc. I, pp. 19-20). Nel 1830 Nibby li identifica – ancora in Campo Marzio – come “16 busti con teste di porfido, rappresentanti i 12 Cesari e 4 consoli”, e due anni dopo quando ormai sono esposti lungo le pareti della sala IV, li elenca come Traiano, Galba, Claudio, Otone, Vespasiano (2 esemplari), Scipione Africano, Agrippa, Augusto, Vitellio (2 esemplari), Tito, Nerone, Cicerone, Domiziano, Vespasiano, Caligola e Tiberio. Se l’ultima citazione – comprendente anche un secondo Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore – è quella che corrisponde allo stato attuale della serie (e trova conferma nell’Inventario Fidecommissario del 1833), resta difficile comprendere che fine abbiano fatto i ritratti di Cesare, Tito e Nerva, presenti nel 1674-76 e non più rintracciabili nella serie attuale, chi fosse il quarto console indicato da Nibby nel 1830, dal momento che oggi ve ne sono solo tre (Agrippa, Cicerone e Scipione Africano) e quale sia la provenienza di questi ultimi. Appare quindi ipotizzabile che i busti utilizzati nella galleria – già presenti nel Palazzo Borghese – non corrispondessero ai personaggi previsti nel programma iconografico della volta e che questa difformità abbia in seguito complicato l’identificazione dei ritratti. A sostegno di questa ipotesi è anche la datazione dell’insieme, che la critica è concorde nel ritenere eseguito contemporaneamente nel XVII secolo (Faldi 1954, pp. 16-17; Della Pergola, 1974; Moreno, Stefani 2000, p. 129; Del Bufalo 2018, p. 116).

      Sonja Felici


Bibliografia
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  • M. Vasi, Itinerario istruttivo di Roma e delle sue adiacenze, Roma 1794, I, p. 392.
  • C. Fea, Nuova descrizione di Roma antica e moderna e de’ suoi contorni, sue rarità specialmente dopo le nuove scoperte cogli scavi: arricchita delle vedute più interessanti, Roma 1820, II, p. 481.
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  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, pp. 94-96.
  • A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII. Parte seconda moderna, Roma 1841, pp. 919-920.
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  • E. Pistolesi, Descrizione di Roma e suoi contorni, Roma, Gallarini, 1852, p. 385.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano del Palazzo della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), I, p. 19.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 33-34.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 13.
  • A. De Rinaldis, Arte decorativa nella Galleria Borghese, in “Rassegna della Istruzione artistica”, 10-11-12, 1935, pp. 311-319, in part. p. 318.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese in Roma, Roma 1948, p. 25.
  • P. Della Pergola, La galleria Borghese in Roma, Roma 1951, pp. 14-15.
  • I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture dal sec. XVI al XIX, Roma 1954, pp. 16-17, cat. 11, fig. 11d.
  • H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20.
  • Le collezioni della Galleria Borghese, a cura di S. Staccioli, P. Moreno, Milano 1981, p. 103.
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  • D. Di Castro Moscati, Il porfido rosso antico, una esclusività romana, in “Gazzetta antiquaria”, 1, 1987, pp. 42-48.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371.
  • E. Fumagalli, Palazzo Borghese: committenza e decorazione privata, Roma 1994.
  • Galleria Borghese, a cura di A. Coliva, Roma 1994, p. 15.
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  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 129, fig. 2.
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  • D. Del Bufalo, Porphyry. Red imperial porphyry. Power and religion, Torino 2018, p. 116, n. H79.
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