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Rilievo con scena militare

Arte romana


Il rilievo, esposto nel Portico insieme ad altri due simili, è da ricondurre a un unico fregio articolato (invv. VII, X). Sin dal XVI secolo, varie sono state le ipotesi di identificazione del monumento di appartenenza e della datazione, riferite in particolare all’Arco di Claudio e al Foro di Traiano.

Le tre lastre mostrano una scena militare interpretata da alcuni come una adlocutio, il discorso dell’imperatore ai soldati, da altri come una submissio, la sottomissione dei vinti. Il frammento raffigura, su diversi livelli, file di soldati, rivolti verso destra. In primo piano due figure, di cui una in abiti militari e sulla testa una corona muralis, sorreggono due stendardi decorati da ornamenti differenti, tra i quali le imagines clipeate dell’imperatore. Nel margine sinistro è presente un terzo stendardo di cui non si conserva la figura del signifero.

Lo sfondo è riempito da file di soldati, anch’essi volti verso destra, con il capo coperto da un elmo piumato di tipo attico e paraguance ornate da folgori.

Gli studi convergono nel ritenere verisimile una collocazione in epoca traianea.


Scheda tecnica

Inventario
XXV
Posizione
Datazione
circa 117 d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo di Luni
Misure
altezza cm 215; lunghezza cm 150
Provenienza

Proveniente dalla Collezione Della Porta (Vacca 1594, p. 13, n. 68); Collezione Borghese dal 1609. Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 41, n. 5. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1962, Ermenegildo Pedrazzoni (pulitura)
  • 1990-1991, Istituto Centrale del Restauro
  • 2008, Consorzio Capitolino

Scheda

La lastra riproduce, su vari piani, un’armata disposta in fila, con figure volte di profilo verso destra. In primo piano, a sinistra, un portatore d’insegna con in mano uno stendardo; a destra vi è invece una figura in abiti militari, lorica e paludamentum, anch’essa con un’insegna nella mano e recante sul capo i resti di un coronamento, probabilmente una corona muralis. La foggia degli stendardi è diversa, quello di sinistra termina con un’aquila, su un fascio di folgori; quello di destra presenta, dal basso verso l’alto, piastrine di corazza, una corona civica, un’imago clipeata, una corona muralis e una seconda imago clipeata. Il signifero di destra è affiancato da due teste poco aggettanti, poste di profilo: quella di sinistra appartiene al portatore delle due aste che giungono sino al bordo superiore del frammento. Sullo sfondo del rilievo si trovano alcuni soldati, con il capo coperto da un elmo piumato di tipo attico e paraguance decorate da fulmini; sul lato sinistro un’altra insegna, della quale è perduto il signifero, rappresentato, probabilmente, su una lastra mancante. Lo stendardo è decorato con un’imago clipeata e, in cima, una mano alzata.

Il frammento, insieme ad altri due esposti oggi nel Portico della Galleria Borghese (invv. VII e X), appartiene a un fregio più complesso raffigurante scene militari. Tenendo in considerazione che le figure del fregio in esame sono le uniche rivolte verso destra e che negli altri due frammenti, inv. VII e X, i soldati riproducono un orientamento verso sinistra, si può supporre che il fregio fosse composto dalla sequenza dei tre frammenti con l’aggiunta di un esemplare oggi perduto verso cui i soldati erano volti.

Nel 1594 Flaminio Vacca ricorda che: “Nella Chiesa di Santa Martina appresso detto Arco vi erano due grandi Istorie di marmo statuale, assai consumate, rappresentanti Armati con Trofei in mano, e Togati, di buona mano. Sisto V, nel far la Piazza di Santa Maria Maggiore demolì la Chiesa di S. Luca de’ Pittori, ed in ricompensa donò a’ medesimi la detta Chiesa di Santa Martina, ed essi per farci i meglioramenti venderono dette Istorie, ed al presente sono in casa del Sig. Cavalier della Porta Scultore” (Vacca 1594, p. 13, n. 68).

Nell’Inventario delle statue e dei marmi presenti nella collezione Borghese, provenienti dalla collezione di Giovanni Paolo Della Porta, databile al 1610, è attestata: “una Jstoria Anticha di più pezzi longa p. 19 alt. p. 13 ¼” (de Lachenal 1982, Appendice Va, n. 339, p. 91). La collezione Della Porta venne, infatti, acquistata dalla famiglia Borghese nel 1609 (De Lachenal 1982, pp. 58-72).

Nel 1826 il ministro Evasio Gozzani, in una missiva indirizzata al Principe Camillo Borghese menziona le lastre nell’area del II Recinto, nel giardino della Villa Borghese: “Ho portato questa mattina Filippo Visconti ad osservare i bassi rilievi antichi di gran genere ritrovati accanto al Tinello e ai fienili di Grotta Pallotta per sentir il di Lui sentimento sull’epoca prossimativa dei medesimi. Quantunque massacrati dalle ingiurie del tempo, e dal Barbarismo non ha potuto negare che siano sommamente pregievoli, e malgrado che da principio abbia menzionata l’epoca di Settimio, si è poi ricreduto dopo maturo esame, per attribuirli a tempi antecedenti, e migliori per l’arte” (Moreno, Sforzini 1987, p. 353). Successivamente, nell’illustrare al principe Camillo Borghese le sculture trasferite nella Villa, lo stesso Gozzani descrive i rilievi nel Portico (Nomenclatura 1828). Nel 1832, infine, il Nibby li indica murati nell’attuale sistemazione nelle pareti del Portico. L’autore identifica i rilievi Borghese come appartenenti ai resti all’Arco di Claudio, sulla via Flaminia, secondo le indicazioni fornite in un diverso passo del testo del Vacca (Vacca 1594, p. 8, n. 28). Egli ricorda che il monumento, demolito secondo il Vacca nel 1527, viene scavato al tempo di papa Pio IV restituendo dei bassorilievi nei quali erano ritratti interpretati come raffigurazioni di Claudio, che l’autore identifica nei busti inseriti nei clipei del rilievo inv. XXV. Tali frammenti furono comprati da Giovanni Giorgio Cesarini e posti a ornamento del suo giardino, presso San Pietro in Vincoli. Nel 1585, alla sua morte, furono acquistati dal cardinale Farnese, dal quale, dopo il 1594 sarebbero potuti passare al cardinal Aldobrandini e quindi alla famiglia Borghese (Nibby 1832, pp. 14-15, n. 4, tav. 1). L’identificazione dello studioso si rivela però erronea, alla luce delle più recenti ricerche documentarie. Helbig, nel 1913, menziona la tesi di una provenienza dall’Arco di Claudio, a Piazza Sciarra, ma considera più verosimile una pertinenza con il Foro di Traiano (Helbig 1913, p. 225, n. 1529). Precedentemente, a metà del XVIII secolo, già il Winckelmann proponeva invece un inquadramento cronologico dei rilievi in età traianea identificando nelle immagini clipeate del frammento le rappresentazioni degli imperatori Nerva e Traiano (Winckelmann [1764] 1832, p. 813).

Agli inizi del Novecento un articolo dello Stuart Jones conferma stabilmente la datazione traianea. L’autore attesta che le lastre si trovavano nella Chiesa dei SS. Luca e Martina al Foro Romano e sottolinea un’uniformità stilistica con quelle riadoperate sull’Arco di Costantino, pur non ritenendole parte dello stesso monumento (Stuart Jones 1906, pp. 215-271). Un’osservazione analoga avanzano il Wace e il Sieveking, che partendo proprio dallo Stuart Jones, riconoscono una somiglianza tra le lastre Borghese e quelle riadoperate sull’Arco di Costantino, ritenendole di epoca traianea; mentre la Strong, considerando l’ordinamento serrato dei soldati schierati, riscontrabile in altri rilievi traianei, attesta l’appartenenza a un fregio del Foro di Traiano (Wace 1907, pp. 229-249; Sieveking 1925, p. 25; Strong 1923, p. 150, nota 19, fig. 94 a p. 148). Il Pallottino, che individua nella scena un’adlocutio legata ad un evento bellico, pensa che l’intero fregio originario dovesse essere lungo 28 metri ed essere ubicato, per la sua conformazione allungata, nel recinto del Forum Pacis o nell’area in cui sorgeva il Tempio del divo Traiano (Pallottino 1938, pp. 17, 31, tav. 2). Il Bianchi Bandinelli stabilisce una stretta relazione tra i rilievi Borghese e le illustrazioni della Colonna di Traiano riconducendoli entrambi alla mano di un unico artista, sulla base di un’analoga resa dei barbari morenti, e ipotizza una provenienza dal recinto del Foro Traianeo o del Foro Transitorio (Bianchi Bandinelli 1950, pp. 233-241). Non concorde con quest’ultima localizzazione è la Toynbee, che considera più plausibile una sistemazione nel Tempio del divo Traiano fatto erigere da Adriano, sulla base della testimonianza di un passo di Ammiano Marcellino che mostra integro il complesso durante la visita di Costanzo II (Toynbee 1965, pp. 60-62). Successivamente, a favore della provenienza traianea si sono espressi vari studiosi tra cui lo Zanker, il Bonanno, l’Andreae, il Koeppel, la Leander Touati (Zanker 1970, pp. 513-517; Bonanno 1978, pp. 77-81; Andreae 1973, pp. 202-204; Koeppel 1980, p. 149-153, 173-189; Leander Touati 1987, pp. 98-100, B, tav. 44, 3-4, 55.2). In ultimo, Stefano Tortorella convalida l'attinenza dei rilievi Borghese ad un fregio traianeo analizzandoli in relazione con altri tre, di soggetto simile, provenienti dalla medesima Chiesa dei SS. Luca e Martina al Foro Romano e dal 1515 conservati nel Palazzo dei Conservatori al Campidoglio (cat. IV.4.1-3; Tortorella 2012, pp. 55-57).

Il Gauer e la Desidera dedicano, nel 1973 e nel 2007, un ampio studio alle figure dei rilievi.

Il primo identifica, per la presenza della corona muralis, la figura loricata come la personificazione del Genius castrorum. La Desidera, che interpreta la scena come una submissio, una sottomissione dei vinti (così come già interpretata dalla Simon: Simon 1966, p. 700, n. 1940) osserva, invece, che la presenza dello stendardo farebbe pensare piuttosto al Genius exercitus, in quanto il primo risulta, nell’iconografia nota, privo di tale caratteristica (Gauer 1973, p. 329; Desidera 2007, p. 638). I due autori, si concentrano, in particolare sui ritratti inseriti nelle imagines clipeate del rilievo in esame, indicando – a differenza della maggior parte della critica – un inquadramento cronologico all’età di Domiziano.

Due testimonianze antiche attestano l’abitudine di porre sui signa i ritratti degli imperatori. In Cassio Dione leggiamo: “E allora tirarono giù dalle insegne le immagini di Vitellio e giurarono che sarebbero stati sotto il comando di Vespasiano(Storia Romana, LXIV, 10, 3-4). Vegezio, parlando dei nomina et gradus principiorum legionis, afferma: “(sono chiamati) aquiliferi coloro che portano l’aquila. Imaginarii o imaginiferi coloro che portano le immagini dell’imperatore” (Compendio dell’arte militare II, 7,1-3).  

Il Gauer trova che le imagines clipeatae dell’insegna destra del frammento siano confrontabili con varie rappresentazioni di Domiziano. Quella superiore, rientrante nel cosiddetto “primo tipo”, con la testa di forma leggermente tondeggiante e i folti capelli ondulati che cadono sulla fronte in maniera diritta, richiama una statua conservata a Monaco e datata agli anni settanta del I sec. d.C. (Bernoulli 1969, p. 56, n. 18). Nel busto deI clipeo inferiore dello stesso stendardo, la Desidera nota, inoltre, un’attaccatura dei capelli alta, prova di una calvizie incipiente, particolare caratteristica dell’imperatore. Un confronto pertinente può stabilirsi con un ritratto conservato al Museo di Berlino e datato all’82 d.C. (Bernoulli 1969, p. 56, n. 16), come pure con una testa di soldato rinvenuta al Circo Massimo, risalente al 81 d.C. Dal confronto delle opere suddette l’autrice ipotizzerebbe una datazione per le lastre Borghese all’indomani del primo conflitto dacico, svoltosi negli anni 85-86 d.C.

Tuttavia tali ultime ipotesi sono da ritenere minoritarie e per quanto riguarda l’inquadramento cronologico sembra verisimile privilegiare un inserimento in età traianea.

Giulia Ciccarello




Bibliografia
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