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Rilievo dionisiaco

Arte romana


Ben noto dalla fine del Quattrocento, come documentano i numerosi disegni elaborati fra XV e XVII secolo e le varie copie e riprese, il rilievo era collocato alla fine del Settecento a ornamento della fontana centrale nel giardino del Palazzo in Campo Marzio, fino al trasferimento nei Giardini della Villa di Porta Pinciana, cui seguirono nel 1826 il restauro e l’esposizione nel Casino. Inserita in una cornice moderna, la lastra – originariamente parte di una base di statua o di un più ampio rilievo –

propone due gruppi arbitrariamente giustapposti: un giovane Satiro con pelle di pantera avvolta intorno al braccio sinistro avanza verso destra, colto nell’atto di sottrarre il grappolo d’uva all’Erote in groppa a un capro che si ritrae, atterrito. Il restauro ottocentesco ha modificato l’originario schema iconografico, in cui il Satiro innalzava con la destra il cimbalo, attirando l’attenzione dell’Erote. Nella parte destra della lastra Pan, divinità della campagna e delle greggi, è rappresentato di profilo a destra mentre innalza in offerta la testa di una capra, verso la fiamma di un altare e un’erma di divinità barbata.


Scheda tecnica

Inventario
XLIXa
Posizione
Datazione
I secolo a.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo pentelico
Misure
altezza cm 58; larghezza cm 138 (parti antiche)
Provenienza

Collezione Borghese (ante 1691, Falda, tav. 11); Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C., p. 42, n. 21; Acquisto dello Stato, 1902. 

Conservazione e Diagnostica
  • 1826, Massimiliano Laboureur o Antonio D’Este
  • 1995, Paola Mastrapasqua

Scheda

Il rilievo in esame, insieme alle altre lastre del Salone, inv.  XXXVI, VIIIL e Sala II, inv. IIIC, faceva parte di un unico monumento, ricostruito da Christian Hülsen come una base rettangolare di 220 cm x 80 cm x 60 cm (Hülsen 1913) e da altri studiosi come un fregio continuo di 7 m cui apparteneva un ulteriore rilievo (Herdejürgen 1997). I quattro rilievi erano ben noti dalla fine del Quattrocento, come documentano i numerosi disegni elaborati fra XV e XVII secolo che offrono, al contempo, elementi essenziali per ricostruire l’originaria iconografia prima della manipolazione ottocentesca (Pray Bober, Rubistein 1986). Non se ne conosce l’originaria ubicazione, ma è concorde l’opinione che si trovassero in un luogo pubblico facilmente accessibile, forse una chiesa, vista la consistente fortuna nel Rinascimento.

Alla fine del Seicento il rilievo era collocato a ornamento della fontana centrale nel giardino del Palazzo in Campo Marzio, quale basamento della statua colossale di Satiro inserita nella nicchia centrale, come documentato dall’incisione di Venturini nella seconda metà del XVII sec. (Falda 1691, tav. 11). In un momento successivo le lastre vennero trasferite nei Giardini della Villa di Porta Pinciana, dove rimasero fino al 1826, all’epoca dell’allestimento della nuova collezione nel Casino, depauperato dalla massiccia vendita delle opere a Napoleone Bonaparte: Evasio Gozzani ne predispose il restauro a opera di Massimiliano Laboureur o Antonio D’Este.

Nella lastra in esame, inserita in una cornice moderna, si distinguono due gruppi arbitrariamente giustapposti dal restauratore ottocentesco: un giovane Satiro con pardalide avvolta intorno al braccio sinistro avanza verso destra, colto nell’atto di sottrarre il grappolo d’uva all’Erote in groppa a un capro che si ritrae, atterrito. In realtà i disegni rinascimentali documentano una diversa iconografia: il braccio destro del satiro non era piegato ma sollevava in alto un cimbalo, verso il quale l’Erote volgeva lo sguardo. Nella parte destra della lastra Pan, divinità della campagna e dei greggi, col mento prominente, due lunghe corna, il corpo villoso e gli arti inferiori simili a quelli di un caprone, è rappresentato di profilo a destra, ma con volto retrospiciente, mentre innalza in offerta la testa di una capra verso la fiamma di un altare, dietro il quale si erge l’erma di una divinità barbata, opera del restauro moderno che non ha integrato il corpo della capra ai piedi del dio Pan. Il primo gruppo, completato dal frammento in Sala II, IIIC apparteneva plausibilmente a un lato lungo del monumento, replicato con alcune varianti sul lato opposto (Salone, XXXVI; VIIIL).

Il secondo gruppo, invece, separato anche da una linea di frattura ricomposta dal restauratore moderno, era probabilmente pertinente a un lato corto, anch’esso specularmente replicato sull’altro lato breve (Salone, XXXVI). È stato anche proposto di aggiungere una quinta lastra, perduta ma attestata dall’incisione di Venturini, con due Satiri che insidiano una Ninfa dormiente; accettando tale interpretazione, il monumento potrebbe allora essere inteso non più come base ma come un fregio continuo di 7 m, inquadrato dai due gruppi di Pan sacrificante (Herdejürgen 1997).

In età ellenistica la rappresentazione del thiasos dionisiaco, con i suoi molteplici elementi simbolici e l’ambientazione naturale, diviene un tema figurativo particolarmente apprezzato per supporti diversi, dai puteali, ai rilievi di sarcofagi, agli altari o alle basi di statue e poteva inoltre inserirsi nella decorazione di spazi aperti come giardini, divenendo presto soggetto di genere, allusione alla gioia della festa danzante che prepara al rito sacrificale e al piacere di vivere donati da Dioniso.

Sulla base di osservazioni stilistiche nella resa del fine modellato dei corpi e dei volti, nonché nella cura dell’ambientazione, il rilievo Borghese è concordemente assegnato alla prima metà del I sec. a.C., risalente dunque a un prototipo tardoellenistico ispirato ai modelli della tarda classicità.

Jessica Clementi




Bibliografia
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 51, tav. 9A.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1840, p. 9, n. 15.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1841, p. 913, n. 15.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), p. 11, n. 15.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 15.
  • W. Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, a cura di H. Speir, II, Tübingen 1913, p. 234.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 7.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1954, p. 8.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 16, n. 179.
  • W. Helbig, H. Speier, Führer durch die öffentlichen Sammlungen Klassischer Altertümer in Rom, (4°Edizione), a cura di H. Speier, II, Tübingen 1966, p. 707, n. 1950 (von Steuben).
  • P. Moreno, Formazione della raccolta di antichità del Museo e Galleria Borghese, in “Colloqui del Sodalizio”, 5, 1975-1976, pp. 125-143, in part. pp. 133, n. 2.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, p. 9.
  • H. von Hesberg 1980, Eine Marmorbasis mit dionisischen und bukolischen Szenen, in “Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung”, 87, 1980, pp. 255-282, in part. p. 261, tav. 84.3.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 102.
  • P. Pray Bober, R. Rubistein, Renaissance Artists and Antique Sculpture, Oxford 1986, p. 119, fig. 85.
  • N. Blanc, F. Gury, s.v. Eros/Amor, Cupido, in “Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae”, III,1 Zürich München 1986, p. 996, n. 340; p. 1012, n. 481.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371, in part. pp. 343, nota 49; 352.
  • H. Herdejurgen, Antike und moderne Reliefs in der Villa Borghese, in “Archäologischen Anzeiger”, 4 (1997), pp. 480-503, in part., pp. 485-487, fig. 6.
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 58, n. 19b.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, pp. 129, n. 93.
  • Scheda di catalogo 12/99000019, G. Ciccarello 2021.