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Pastore con armenti

Brandi Domenico detto Micco

(Napoli 1683 - 1736)

Eseguito da Domenico Brandi, il quadro è entrato in collezione Borghese nel 1922, acquistato insieme alla Pastorella con animali (inv. 564) per la cifra di 600 lire. Rappresenta un branco di animali domestici, guidato da un giovane pastore qui ritratto accovacciato, di spalle e in compagnia del proprio cane. La tela, eseguita con tutta probabilità intorno ai primi anni del Settecento, riflette quel gusto per la rappresentazione di pastori ed armenti, genere reso noto dal tedesco Philipp P. Roos, detto Rosa da Tivoli, le cui opere ricercate in tutta Europa, furono ammirate e prese a modello dal giovane Brandi.


Scheda tecnica

Inventario
563
Datazione
inizi XVIII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 35 x 47
Provenienza

Acquisto dello Stato, 1922.


Scheda

La provenienza di questo dipinto è tuttora sconosciuta. Le prime notizie, infatti, risalgono al 1922, quando lo Stato acquistò il quadro e il suo pendant (Pastorella con armenti, inv. 564) per la cifra di 300 lire ciascuno.

La tela è senza dubbio opera del pittore napoletano Domenico Brandi, autografia accolta da tutta la critica (Strinati 1924; De Rinaldis 1939) e confermata sia da Paola della Pergola (1955), sia da Kristina Herrmann Fiore (2006).

L'opera raffigura un gruppetto di animali mentre al riparo dal sole si concede una sosta in una rigogliosa campagna. Guidato da un giovane mandriano e dal suo cane, il gregge è ritratto contro una massiccia parete rocciosa che ben si staglia dal cielo nitido e azzurrino, un particolare che ritorna in maniera analoga in altre opere dell'artista.

La tela fu eseguita con tutta probabilità intorno ai primi anni del Settecento e riflette il gusto per questo tipo di composizioni rese note da Philipp Peter Roos, pittore tedesco, attivo in Italia a partire dagli anni Settanta del XVII secolo. Ma a differenza di quest'ultimo, l'artista napoletano si mostra più acerbo e meno definito, privando i suoi soggetti di quella vena lirica tipica del maestro tedesco che, al contrario, conferisce pathos e drammaticità ai suoi quadri, caricandoli di allusioni morali e significati nascosti. Tali composizioni, delle vere e proprie nature morte, si discostano pertanto dai paesaggi con armenti di Brandi che, meno interessato alle sfumature emozionali, ritrae la realtà senza necessariamente esasperarla con luci e dettagli spettrali.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Cantalamessa, Cronaca delle Belle Arti. Acquisti, in “Bollettino d’Arte”, II, 1922-1923, pp. 188-189;
  • R. Strinati, La Galleria Borghese di Roma. Gli ultimi acquisti. Giulio Cantalamessa, in “Emporium”, LX, 1924, pp. 601-612;
  • A. De Rinaldis, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, p. 30;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, p.87, n. 152;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 180.