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Paesaggio con Erminia riconosciuta dai pastori

Ryssen Cornelis van

(attivo seconda metà del sec. XVII)

Questo rame fu eseguito in pendant con il Paesaggio con Erminia che giunge tra i pastori (inv. 283), attribuito negli inventari antichi a un certo 'Cornelio Satiro', identificato dalla critica con Cornelis van Ryssen, pittore proveniente dalle Fiandre che una volta a Roma entrò in contatto con il gruppo dei Bentvueghels, dai quali prese evidentemente il soprannome.

Il soggetto rappresenta Erminia che svestitasi dall'armatura, precedentemente indossata per recarsi sul campo nemico e curare le ferite dell'amato, viene accolta dai pastori in un paesaggio idilliaco. Sullo sfondo, tra rovine, rocce e alberi, si scorge il profilo del Monte Circeo.


Scheda tecnica

Inventario
289
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su rame
Misure
cm 21 x 26
Cornice
Salvator Rosa (cm 30 x 36 x 5,5)
Provenienza

Roma, collezione Borghese, 1693 (Inv. 1693, St. VIII, nn. 8, 13; Della Pergola 1959); Inv. 1790, St. X, nn. 17-18; Inventario Fidecommissario, 1833, p. 27, nn. 20-21; Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1905-1906 Luigi Bartolucci (disinfestazione);
  • 1952 AugustoVermehren (pulitura);
  • 1958 Alvaro Esposti (pulitura, stuccatura, ripresa di colore e nuova verniciatura; rimozione della vernice).

Scheda

Questo dipinto è documentato in collezione Borghese a partire dal 1693, elencato nell'inventario di quell'anno come "un quadruccio alto un palmo in circa ovato con Campagna e figurine cornice Intagliata No in rame di Cornelio Benincasa". Nel verso è segnato il n. 154 che torna, sempre nell'inventario del 1693, nella descrizione del Paesaggio con Erminia tra i pastori (inv. 283), eseguito in pendant con il rame in esame e così registrato: "Due quadrucci in rame ovati con Paesini e figure del n. 154 cornice dorata. Incerti".

Nel 1790, questo paesaggio è segnalato come opera di 'Cornelio Satiro", identificato da Paola della Pergola (1959) con Cornelis van Ryssen (Poelenburg of van Ryssen secondo Orbaan 1911), pittore fiammingo, attestato a Roma nel 1667, anno in cui entrò a far parte della compagnia dei Bentvueghels (cfr. Della Pergola, cit.). Secondo la studiosa, inoltre, il nome con cui Cornelis fu indicato nel 1693, 'Benincasa', era stato riportato per errore dall'estensore del documento che con buona probabilità si era confuso con qualche membro della famiglia senese dei Benincasa, casata in certo senso rivale dei Borghese.

Nel 1833 il dipinto fu attribuito a Jan Brueghel dei Velluti, nome mutato prima con quello del bolognese Ludovico Mattioli (Piancastelli 1891) e successivamente con Herman van Swanevelt (A. Venturi 1893; Longhi 1928); attribuzione rifiutata nel 1959 da Paola della Pergola che assegnò il rame al Van Ryssen, nome accolto favorevolmente dalla critica (Herrmann Fiore 2006).

Il quadro rappresenta un paesaggio classico, con al centro una donna, i cui abiti sono identici a quelli indossati sotto l'armatura dalla protagonista del dipinto compagno, ossia Erminia, una delle eroine della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Secondo la leggenda, infatti, la fanciulla uscì dalle mura di Gerusalemme indossando la corazza di Clorinda, nel tentativo di portarsi sul campo nemico e curare le ferite dell'amato. Ma avvistata da alcune sentinelle, scappò dalla guerra rifugiandosi in un villaggio idilliaco, abitato da animali e pastori, dove ebbe riparo. Il rame raffigura il momento successivo all'arrivo di Erminia tra i pastori (inv. 283) quando, spogliatasi dalle armi, la donna si appresta a vivere una nuova vita nella vana speranza di dimenticare le pene d'amore.

Come nell'altro dipinto, la scena è costruita su due livelli: la radura in primo piano, dove siede la fanciulla in compagnia di alcuni pastori; e la vista in lontananza del monte Circeo, a cui addita il fanciullo in piedi al centro del dipinto; uniti al centro da una rigogliosa vegetazione e da resti di edifici classici. A mo' di sipario, un albero sulla sinistra e il fianco di un'altura sul lato opposto contornano la scena.

La scelta del supporto in rame, che rende i colori più lucidi e smaltati, rimanda direttamente al contesto nordico a cui apparteneva il pittore.

 

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 357; 
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 218; 
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 148; 
  • J.A.F. Orbaan, Bescheiden in Italie omtrent Nederländsche Kunstenaars en Geleerden, I, Gravenhage 1911, p. 245; 
  • G. Cantalamessa, Note manoscritte al Catalogo di A. Venturi del 1893, Arch. Gall. Borghese, 1911-1912, n. 289; 
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 202; 
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 186, n. 277; 
  • P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (I), in “Arte Antica e Moderna”, XXVI, 1964, p. 212; 
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 96.