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Statua femminile ammantata

Roman art


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La figura muliebre indossa un lungo chitone con sopra una corta mantella; la tunica scende fino a terra, lasciando scoperte le punte dei piedi, ed è mossa da pieghe pesanti, che assecondano lateralmente il movimento delle gambe. La corta mantellina avvolge la parte superiore del corpo e il capo della matrona, ricadendo sulla spalla sinistra, mentre entrambi gli arti superiori sono protesi in avanti in un gesto di offerta. La testa non pertinente raffigura una giovane donna dal volto allungato, con occhi grandi, piccola bocca chiusa e capelli ondulati, divisi al centro da una scriminatura. Disposta dapprima in Sala VI, è descritta dal Nibby come statua di Pietà con testa ritratto. Dopo un passaggio in Sala I, è registrata da Venturi in Sala VIII; fra 1905-1915 venne esposta in una delle finestre della Terrazza, sulla facciata principale.


Object details

Inventory
CCLXII
Location
Date
II sec. d.C. (?)
Classification
Medium
marmo di Luni
Provenance
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Collezione Borghese, citata per la prima volta da Nibby (1832); Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, C, p. 44, n. 42 (sala I). Acquisto dello Stato, 1902.

Conservation and Diagnostic
  • 1994/95, Abacus

Commentary

La scultura, di cui è ignota la provenienza, è descritta per la prima volta nella Guida del Nibby (1832) in Camera IV (attuale Sala VI), che vi riconosce una rappresentazione di Pietas con funzione iconica: “l’attitudine ed il costume velato in che è rappresentata determinano come si facesse effigiare o sotto le forme della Pietà, cioè della Religione, quale sì sovente s’incontra ne’ monumenti romani di ogni specie, o semplicemente in atto di sacrificare, giacché non può trarsi alcun lume dalle braccia che sono moderno ed insignificante lavoro”. Nell’Inventario Fidecommissario (1833) la statua risulta, invece, esposta nella Sala della Cerere (sala I) e descritta come “Cibele velata”. In un momento successivo la scultura venne spostata in sala VIII, dove la vide il Venturi (1893). Fra 1905 e 1915 venne, infine, posta a decorazione di una delle grandi finestre della Terrazza incorniciate da edicole della facciata principale del casino Borghese, dove è tutt’oggi collocata (Petrucci 2014).

La figura muliebre è stante sulla gamba destra, con la sinistra leggermente flessa in avanti; la ponderazione determina una lieve inclinazione del torso, con l’anca destra più alta della sinistra. La figura indossa un lungo chitone con sopra una corta mantella; la tunica scende fino a terra, lasciando scoperte le punte dei piedi, ed è mossa da pieghe pesanti, che assecondano lateralmente il movimento delle gambe. La corta mantellina avvolge la parte superiore del corpo e il capo della matrona, ricadendo sulla spalla sinistra, mentre entrambi gli arti superiori sono protesi in avanti in un gesto la cui lettura è in parte compromessa dal restauro moderno ma che, come intuito dal Nibby, doveva probabilmente essere di offerta, suggerendo dunque la possibile provenienza da un contesto funerario.

La testa non pertinente – sostituita forse dal restauratore ottocentesco – raffigura una giovane donna dal volto allungato, con occhi grandi e iridi rese plasticamente a pelta; la bocca, piccola e ben disegnata, è chiusa. I capelli ondulati sono divisi al centro da una scriminatura e si raccolgono sulla nuca in una crocchia, celata dal velo che copre il capo. La tipologia della figura muliebre dal capo velato, già diffusa nel primo ellenismo nella statuaria di tipo votivo (Horn 1931), godette di grande fortuna nella produzione scultorea romana di età imperiale, soprattutto legata a contesti funerari. Tuttavia, il trattamento semplificato del panneggio della statua Borghese, che si articola anteriormente in scarse e dure pieghe, la difficoltà di trovare confronti iconografici stringenti con altre statue muliebri ideali o con funzione iconica di età imperiale lasciano aperta la possibilità, già denunciata dai restauratori che si sono occupati, in tempi recenti, degli interventi conservativi sulla scultura, che questa possa essere in larga parte “opera moderna”.

Jessica Clementi




Bibliography