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Statua di fanciullo con anatra

Arte romana, da originale ellenistico


L’opera rappresenta una delle numerose copie romane, inquadrabile nel II secolo d.C., di un originale di epoca ellenistica. Si tratta di un fanciullo, seduto, che trattiene dolcemente al petto un’anatra. L’archetipo sembra possa riconoscersi nella scultura di fanciullo che strozza l’oca attribuito da Plinio allo scultore Boethos, in una rivisitazione più tenue e giocosa.
La scultura, nota già dalla metà del Cinquecento in un disegno di Pirro Ligorio, ornava originariamente una fontana nel giardino del Cardinale Carpi sul Quirinale. Variamente interpretata nel corso dei secoli, è stata recentemente collegata a culti egizi con l’identificazione del fanciullo nel dio Horus, ossia Arpocrate, figlio di Iside.

Scheda tecnica

Inventario
CVI
Posizione
Datazione
II secolo d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo lunense
Misure
altezza 50 cm ; larghezza 59 cm; testa altezza 23 cm
Provenienza
Collezione Cardinale Carpi, citata per la prima volta da Pirro Ligorio nella metà del Cinquecento (Reinach, Aldrovandi 1902, p. 128, tav. 53); Collezione Borghese, citata per la prima volta da Manilli nel 1650 (p. 73). Inventario fidecommissario Borghese, 1833, C., p. 45, n.57. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • XIX secolo: Interventi nel naso, al margine dell’orecchio destro e di quello sinistro, avambraccio sinistro con la mano e la testa dell’anatra; nel piede fino al calcagno e nei bordi del plinto.

Scheda

Il giovane fanciullo, nudo, è seduto a terra con la gamba sinistra distesa e il piede rivolto all’insù, mentre la destra è piegata sul davanti. Con il braccio destro sorregge un’anatra contro il petto e con la mano trattiene il collo dell’animale. Le forme sono piene, tipiche dell’età infantile. Il capo, volto verso l’alto a sinistra, è coperto da folti riccioli che scendono fino alle tempie e davanti le orecchie. Dalla sommità della testa una treccina di capelli ricade sulla spalla destra. Il volto è sorridente, con bocca dischiusa, gote paffute e mento pronunciato.

La scultura è menzionata, insieme a una seconda simile, da Pirro Ligorio a decorazione di una fontana nel Giardino della residenza del Cardinale Carpi sul colle Quirinale a Roma, nella metà del Cinquecento (Reinach, Aldrovandi 1902, p. 128, tav. 53). Nel 1556 è descritta nel medesimo luogo da Ulisse Aldrovandi “Ne’ lati del fonte sono due puttini ignudi stesi à giacere, e tengono in mano duo augelli acquatici dalle bocche esce l’acqua: amendue questi putti con viso ridente riguardano la ninfa…: Et amendue hanno i capelli legati dietro sopra le spalle.” (Aldrovandi 1556, p. 299). Successivamente, tra il 1572 e il 1577, l’opera è riprodotta in un disegno da Pierre Jacques, nel quale l’animale mostra una posizione differente da quella attuale, probabilmente di restauro, con il collo teso in avanti (Reinach 1902, p. 128, tav. 53). Iacomo Manilli nel 1650 ricorda nella sala IV, sopra una piccola colonna di porfido, una statuetta di “fanciullo con un’anatra in mano”, mentre Domenico Montelatici nel 1700 descrive una “Leda con Gioue in braccio in sembianza di Cigno” (Manilli 1650, p. 73; Montelatici 1700, p. 231). Nell’Inventario del 1762 compare come “puttino, detto Leda, con un uccelletto in mano” (p. 51), mentre nell’Inventario fidecommissario Borghese, del 1833, come “puttino sedente sopra rocchio di granito rosso Orientale” (p. 45, n. 57). Nel 1828, nella Nomenclatura della statuaria antica della Galleria Borghese, redatta dopo l’ingente vendita napoleonica da Antonio D’Este e Massimiliano Laboureur, su indicazione di Giuseppe Gozzani, la scultura compare nella sua attuale collocazione, nella sala III, su un “tripode ornato e parimenti, di moderno lavoro” (Moreno 1975-1976, p. 46: Archivio Segreto Vaticano, Archivio Borghese, b. 348, fasc. 33).

L’opera è da ritenersi una copia romana, ascrivibile al II secolo d.C., di un archetipo di epoca ellenistica ritraente un fanciullo accompagnato da un volatile. Allo scultore Boethos, attivo tra il III e il II a.C., Plinio attribuisce un gruppo statuario in bronzo raffigurante un putto che strozza un'oca, nel quale si potrebbe identificare il modello originale delle numerose repliche di epoca romana (Nat. Hist., XXXIV, 84; Laurenzi 1959, pp. 118-120).

L’esemplare Borghese viene preso in esame da svariati autori nello studio di sculture di epoca ellenistica. Walter Amelung, nel 1903, ne riscontra una notevole affinità con una testa di fanciullo sorridente presso i Musei Vaticani (Amelung 1903, p. 444, n. 194). Nello stesso anno Rudolf Herzog, nell’analizzare un esemplare rinvenuto ad Efeso e conservato nel museo di Vienna, individua nelle repliche di epoca romana una differenziazione di carattere velatamente violento nel confronto tra bambino e animale (come nel caso della scultura dei Musei Vaticani o in quella presso i Musei Capitolini) o di carattere ludico legato alla sfera infantile, al quale si legherebbe l’opera Borghese (Herzog 1903, pp. 215-236). Pensiero ripreso da Helbig, che ne individua, inoltre, un realismo umoristico, intendendo la posizione del bambino come un tentativo di tenera protezione dell’animale (Helbig 1913, p. 244, n. 1550). Raissa Calza, nel 1957, attribuisce all’opera Borghese una valenza votiva o sepolcrale (Calza 1957, 1957, p. 11, n. 83).

Un deciso progresso nell’interpretazione della scultura avviene con il ritrovamento nella Villa di Poppea ad Oplontis, nel 1970, di un gruppo di fanciullo con l’oca molto vicino a quello Borghese. Stefano De Caro, che studia le sculture ritrovate nella Villa, giunge a distinguere nettamente il tipo definito Capitolino-Monaco, nel quale il bambino strozza un volatile, ricollegabile a quello descritto da Plinio, da quello Oplontis-Borghese nel quale il bimbo stringe giocosamente al petto l’animale. A questo modello apparterrebbe anche un esemplare, fortemente reintegrato, conservato nel museo dell’Ermitage (Waldhauer 1931, n. 197, tav. 50). De Caro, inoltre, propone alcune interpretazioni della figura tra cui l’identificazione, basata soprattutto su aspetti estetici, con Horus-Arpocrate, figlio di Iside nella religione faraonica, caratterizzato dalla presenza della particolare treccia sul capo (De Caro 1976, pp. 187-198); un’ipotesi in seguito sostenuta anche da altri autori (Moreno 2000, p. 106, n.2).

Giulia Ciccarello




Bibliografia
  • U. Aldrovandi, Memorie della Raccolta delle statue di Roma d’Ulisse Aldrovandi stampata nell’anno 1556, in “Miscellanea filologica, critica e antiquaria”, I, a cura di C. Fea, Roma 1790, p. 299.
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 73.
  • D. Montelatici, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana con l’ornamenti che si osservano nel di lei Palazzo, Roma 1700, p. 231.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1840, p. 15, n. 2.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1841, p. 917, n. 2.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), p. 18, n. 2.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p.30.
  • S. Reinach, U. Aldrovandi, L’album de Pierre Jacques, sculpteur de Reims, dessiné à Rome de 1572 à 1577, Paris 1902, p. 128, tav. 53 (disegno di Pierre Jacques).
  • W. Amelung, Die sculpturen des Vaticanische Museum, I, Berlin 1903, p. 444, n. 194.
  • R. Herzog, Das Kind mit der Fuchsgans, in Jahreshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes in Wien, VI, 1903, pp. 215-236, fig. 128.
  • G. Giusti, The Borghese Gallery and the Villa Umberto I in Rome, Roma 1904, p. 36.
  • W. Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, II, Leipzig 1913, p. 244, n. 1550.
  • C. Hülsen, Römische Antikengärten des XVI Jahrhunderts, Heidelberg 1917, p. 58, n. 28, 29.
  • H. Klein, Vom antiken Rokoko, Wien 1921, p. 27.
  • H. B. Walters, Catalogue of the silver Plates (Greek, Etruscan and Roman) in the British Museum, London 1921, p. 3, n. 7.
  • O. Waldhauer, Die Antiken Skulpturen des Ermitage, II, 1931, n. 197, tav. 50.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, (3° Edizione), Roma 1954, p. 12.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 11, n. 83.
  • V. von Gonzenbach, Untersuchungen zu den Knabenweihen, Bonn 1957, p. 29, n. 58.
  • L. Laurenzi, s.v. Boethos 1, in “Enciclopedia dell’Arte Antica”, II, Roma 1959, pp. 118-120.
  • E. Mandoswsky, C. Mitchell, Pirro Ligorio’s roman Antiquities: the drawings in MS XIII. B.7 in the National Library in Naples, London1963, pp. 84-85, n. 34b.
  • W. Helbig, H. Speier, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, (4°Edizione), a cura di H.Speier, II, Tübingen 1966, p.725, n.1965.
  • P. Moreno, Formazione della raccolta del Museo e Galleria Borghese, in “Colloqui del Sodalizio“, 5, 1975-1976, pp. 131-132.
  • S. De Caro, Sculture dalla Villa di Poppea in Oplontis, in “Cronache Pompeiane”, Volume 2, 1976, pp. 187-198.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, p. 15.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 100, fig.a p. 85.
  • K.Kalveram, Die Antikensammlung des Kardinals Scipione Borghese, in “Römische Studien der Bibliotheca Hertziana”, 11, Worm am Rehin, 1995, p. 195, n. 73.
  • L. Spiegler, The Amethyst Road, New York 1995, pp. 444, 749, n. 194.
  • P. Moreno, Le sculture antiche nella Stanza di Apollo e Dafne, in Apollo e Dafne del Bernini nella Galleria Borghese, a cura di K.Herrmann Fiore, Milano 1997, pp. 46, 58, fig. 9.
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 106, n. 2.
  • P. Moreno, A.Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, pp. 188-189, n.167.
  • Scheda di catalogo 12/01008389, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2020