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L’opera può essere identificata con la tela segnalata nell’inventario del sequestro del Cavalier d’Arpino eseguito dai fiscali di Paolo V nel 1607. La tela, probabilmente dipinta su influenza del cardinale Gabriele Paleotti, autore a Bologna del Discorso intorno alle immagini sacre e profane, riveste un particolare interesse iconografico per il trattamento del tema del rosario e dell’adorazione del Crocifisso, qui stretti tra le mani di Francesco d'Assisi insieme a un teschio, simbolo di vanitas legato al memento mori.
(?) Roma, collezione Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino, 1607 (Inv. 1607, n. 86; Della Pergola 1955); (?) Roma, collezione Scipione Borghese, 1607; Inv. 1790, Stanza IV, n. 4; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 8. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
2009 Kyoto, The National Museum of Modern Art;
2010 Tokyo, Metropolitan Art Museum.
Conservazione e Diagnostica
2000 Enea (indagini diagnostiche);
2002-2003 Andrea Parri (restauro della cornice);
2009 Cecilia Bernardini (restauro completo della tela e della cornice).
Scheda
Indicata genericamente come opera dei Carracci in tutti gli inventari settecenteschi della Galleria, questa tela è stata identificata con il "quadretto mezzano di S. Francesco con un Christo in tela", appartenuta al Cavalier d'Arpino e da questi sequestrata dai fiscali di Paolo V nel 1607. Avvicinata dall'estensore dell'inventario del 1790 a Ludovico Carracci e considerata da Roberto Longhi (1928) un prodotto di bottega eseguito dopo il 1600, quest'opera fu pubblicata nel catalogo dei dipinti della Galleria Borghese da Paola della Pergola (1955) con il riferimento ad Annibale Carracci, attribuzione riesumata dalla studiosa dagli elenchi fidecommissari del 1833. Tale nome è stato confermato in maniera decisiva da Donald Posner (1979) che ha datato il dipinto al 1585-1586, riscontrando diverse affinità stilistiche con altre opere del bolognese, in particolare con la figura di Francesco dipinta nel Battesimo di Cristo (Bologna, San Gregorio), il San Francesco dei Musei Capitolini e con il Ritratto di Giacomo Filippo Turrini (Oxford, Christ Churh).
Una versione simile, indicata come scuola emiliana, si conserva a Napoli presso il Museo di Capodimonte (inv. 84128) mentre una copia del dipinto, già in collezione Yarborough e assegnata ad Annibale, fu venduta all'asta nel 1929 da Christie's (cfr. Posner 1979, p. 15).
Antonio Iommelli
Luglio 2022
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Bibliografia
G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 184;
A. Venturi, II Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 149;
R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, pp. 136, 202;
P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, p. 22, n. 19;
R. Longhi, Saggi e ricerche 1925-28. Precisioni nelle gallerie italiane. La Galleria Borghese, Firenze 1967, pp. 317-346;
D. Posner, Annibale Carracci. A Study in the Reform of Italian Painting around 1590, New York 1971, I, p. 42; II, pp. 14-15, n. 28;
K. Herrmann Fiore, in Caravaggio: la luce nella pittura lombarda, catalogo della mostra (Bergamo, Accademia Carrara, 2000), a cura di C. Strinati, Milano 2000, p. 70;
L. Bartoni, in Galleria Borghese. The Splendid Collection of a Noble Family, catalogo della mostra (Kyoto, The National Museum of Modern Art, 2009; Tokyo, Tokyo Metropolitan Art Museum, 2010), a cura di C.M. Strinati, A. Mastroianni, F. Papi, Kyoto 2009, p. 122, n. 25.
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