Il gruppo scultoreo raffigura il combattimento tra un’Amazzone, vestita di una corta clamide che lascia il seno destro scoperto e un elmo crestato sul capo, e due uomini. Questi ultimi, travolti dal possente slancio del cavallo condotto dalla guerriera, sono ritratti al suolo.
Rinvenuta, probabilmente, nel 1610 nella Villa di Nerone ad Anzio si ritrova, già nel 1613, collocata nel Palazzo Borghese di Borgo. Nella Villa è presente, esposta nel II Recinto nella zona dell’Elceto, nel 1650. Dal medesimo contesto imperiale proviene un secondo gruppo di soggetto analogo nel 1932, oggi al Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, che doveva originariamente costituire un pendant di quello Borghese.
I numerosi studi concordano nell’individuare nella scultura una replica di età antonina di un archetipo ellenistico di ambiente pergameno.
Rinvenuto, probabilmente, nella Villa di Nerone ad Anzio nel 1610 (Moreno 1975-1976, pp. 126-127, tav. XX, fig. 1); Collezione Borghese, ricordato nel 1613 nel Palazzo Borghese a Borgo (Francucci, folio 124v-126r, strofe 431-437) e nel II Recinto della Villa, nella zona dell’Elceto, nel 1650 (Manilli 1650, p. 123); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 46, n. 76. Acquisto dello Stato, 1902.
Il gruppo scultoreo proviene, probabilmente, dagli scavi della Villa di Nerone ad Anzio, rinvenuto nel 1610 (Moreno 1975-1976, pp. 126-127, tav. XX, fig. 1). Giovanni Demisiani riporta la notizia, in un trattato dedicato a Scipione Borghese, il "Discorso sopra quattro statue dell'Ill.mo Sig.r Cardinale Borghese", interpretando le figure come Pentesilea mentre combatte i greci Lernos e Podarkes (Archivio Apostolico Vaticano, Fondo Borghese II, s.d., 468, fol. 43-66). La De Lachenal individua, invece, la scultura negli inventari della famiglia della Porta, datati circa al 1607, dove è definita come: “un cauallo ed una femina sopra: di una amanzona con un morto sotto al cauallo. alt. p. 7 1/2” (Appendice, V a, n. 233) o anche “Cavallo con femina amazzone ed uno sotto il cavallo, p. 7 1/4" (Appendice , V b, n. 196). L’opera, secondo l’autrice, trova altresì riscontro nell’inventario delle antichità fatto redigere da papa Paolo V nel 1610 alla morte del fratello Giovambattista Borghese, al numero 67: “Tomiri Regina de’ Massagati a cavallo con il Tiranno sotto (De Lachenal 1982, pp. 67-68).
Nel 1613 è ricordato nel poemetto di Scipione Francucci nel Palazzo Borghese di Borgo (folio 124v-126r, strofe 431-437) e nel 1650 dal Manilli nel II Recinto della Villa presso l’Elceto “una Amazone, in atto di combattere; & hà sotto ‘l corpo del cavallo un Soldato; e trà le zampe dinanzi un altro, che le stà chiedendo mercede” (p. 123). Il Montelatici precisa la collocazione tra l’edificio delle stalle e il fienile (1700, p. 66).
Nel 1827 si ritrova citato come “Gruppo di Camilla”, proveniente dal Recinto del Lago, in una missiva del Ministro Evasio Gozzani destinata al Principe Camillo Borghese, nella quale vengono enumerate le opere da collocarsi all’interno delle sale dopo lo spolio Napoleonico. Il restauro è assegnato allo scultore Antonio D’Este (Archivio Apostolico Vaticano, Archivio Borghese, b. 7457: Moreno, Sforzini 1987, p. 354). All’interno della Villa è menzionato nel 1832 dal Nibby al centro della sala II come “combattimento di Antiope, che altri chiamano Ippolita l’amazone contro Ercole e Teseo, che andarono all’assalto di Temiscira sul Termodonte“ (p. 66). Successivamente la scultura è spostata nella sala XIV - la cosiddetta Loggia di Lanfranco - dove risulta nel 1893 (Venturi, p. 49) e infine nella sua attuale collocazione, nel passaggio tra la sala XV e la XVI, in occasione del ritorno dalla mostra “La Gloria dei vinti. Pergamo. Atene. Roma”, svoltasi nel 2014 nel Museo Nazionale Romano a Palazzo Altemps (Coarelli 2014).
Il gruppo raffigura il combattimento tra un’amazzone a cavallo e due guerrieri caduti. La donna, rivolta verso sinistra, indossa una corta clamide che le lascia scoperto il seno destro. Sul capo è un elmo crestato, dal quale fuoriescono dei corposi riccioli che scendono sul collo. Il braccio destro, piegato all’indietro, sostiene nella mano un’arma che si conserva parzialmente; il sinistro, flesso in avanti, nella mano doveva trattenere un oggetto attualmente perduto. Assecondando il movimento impetuoso dell’amazzone, il cavallo, brigliato, è raffigurato in posizione rampante, con le zampe anteriori sollevate. Sotto di esse è una figura maschile che poggia a terra con il ginocchio e la mano destra mentre e la gamba sinistra è stesa ad assicurare l’equilibrio. Indossa un mantello che gli cinge il collo e discende sulla spalla destra. Il capo è coperto da un elmo crestato. Il braccio sinistro, proteso in un gesto di difesa, doveva sorreggere un oggetto non conservato, probabilmente uno scudo mentre nella mano destra, stretta a pugno una spada, di cui si conserva parte dell’elsa tra le dita. Il secondo giovane, caduto sotto la pancia dell’animale, è nudo a eccezione di un elmo. Nella mano trattiene anch’egli l’elsa di una spada.
La scultura presenta delle forti analogie con un gruppo similare rinvenuto nel 1932 nel medesimo contesto imperiale ad Anzio e conservato oggi nel Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, raffigurante un’amazzone a cavallo con un galata caduto al suolo (De Lachenal 1979, pp. 162-164, n. 111). Il Coarelli ipotizza che i due gruppi costituissero un insieme simmetrico con indirizzo convergente e li ritiene una rielaborazione romana di carattere decorativo derivante da archetipi ellenistici di ambiente pergameno. In particolare, lo studioso, riprendendo l’ipotesi già avanzata dalla Palma (1981, p. 74, n. 15; 1984, pp. 772-782), suggerisce una ispirazione al Piccolo Donario fatto erigere da Attalo I sull’Acropoli di Atene. Nonostante i massicci interventi di restauro appare verisimile confermare la valutazione dello studioso e inquadrare l’opera nella metà del II secolo d.C.